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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2011 alle ore 08:19.

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Vincenzo Boccia è presidente della Piccola industria di Confindustria (Imagoeconomica)Vincenzo Boccia è presidente della Piccola industria di Confindustria (Imagoeconomica)

L'esempio positivo di chi ce l'ha fatta: più servizi, più qualità ed efficienza in ogni aspetto dell'organizzazione aziendale, più estero. «Tra le pmi italiane i casi di successo sono molti. Si sta diffondendo un nuovo modo di fare impresa, dove non basta più avere un buon prodotto, come nel passato, ma occorre l'eccellenza a tutto campo, sistema paese per primo».

Vincenzo Boccia è presidente della Piccola industria di Confindustria, di quel mondo, che rappresenta il 90% dell'imprenditoria italiana, che ha tenuto e tiene alta la bandiera del made in Italy.

«Possiamo fare grandi passi. Ma da soli non ce la facciamo». E qui entra in campo l'azione del governo: «Le non scelte di politica economica rischiano di bloccare la reattività delle imprese». Mentre l'Italia ha potenzialità enormi e potrebbe creare più ricchezza per tutti: «Se oggi, con le difficoltà che abbiamo, siamo il secondo paese manifatturiero Ue dopo la Germania, significa che se eliminiamo anche solo in parte ciò che ci blocca, potremmo essere molto più forti».

Sono i messaggi che oggi Boccia lancerà alla platea dei Piccoli, circa 300 tra presidenti provinciali, regionali e segretari delle città d'Italia. Un Consiglio centrale allargato, che precederà la giornata a porte chiuse delle Assise di Confindustria di domani, dove sarà proprio lui ad aprire i lavori.«Il dibattito interno alla Piccola servirà proprio tracciare le linee guida di ciò che diremo alle Assise», spiega il presidente, sottolineando il grande lavoro di collaborazione con la base che c'è stato anche nelle scorse settimane. Nei vari incontri, otto come Piccola, altri quattro insieme alla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, sono stati coinvolti migliaia di imprenditori. «Nel Consiglio centrale faremo il punto di ciò che è emerso», spiega Boccia, sottolineando che Confindustria e Piccola hanno lavorato insieme nella preparazione delle Assise.

Una grande adunata di imprenditori: per dare risposta a quali domande?
Sono tre i punti fondamentali: cosa possiamo fare noi come imprenditori, cosa possiamo fare insieme agli altri, cioè sindacati, organizzazioni imprenditoriali e istituzioni, cosa deve fare la politica economica.

Quale deve essere l'impegno delle imprese?
Oggi saranno presentati i risultati di alcuni casi di successo. Le aziende hanno grandi capacità di reazione, hanno capito che non basta fare bene i prodotti ma che occorre l'eccellenza in ogni funzione aziendale, dalla finanza al commerciale, e che è necessario offrire valore aggiunto, aumentando la qualità dei servizi e l'innovazione tecnologica. E soprattutto serve un contesto che potenzi e dia prestigio al sistema paese.

E la presenza all'estero?
Più forti saranno le nostre aziende nel sistema Italia, maggiore sarà la nostra forza competitiva su tutti i mercati. Abbiamo dimostrato di saperci riposizionare geograficamente in tempi rapidi, siamo cresciuti nei paesi Bric. Potremmo generare un circolo virtuoso: utilizzare la nostra forza di sistema per andare all'estero a vendere prodotti e servizi, e nel contempo per attrarre attrarre investimenti stranieri e turisti. Se le nostre imprese crescono all'estero, quel benessere potrebbe riflettersi a casa nostra con lo sviluppo portato da oltre confine potremmo aumentare i salari e rilanciare la domanda interna. Fare cioè ciò che sta realizzando la Germania, che si è data una missione molto chiara su come utilizzare la globalizzazione per spingere la propria crescita.

E qui entrano in campo le scelte di politica economica del Governo...
Esattamente. Un percorso che va accelerato con decisioni reali. Penso al fisco: abbiamo un tax rate complessivo di 20 punti più alto della Germania, una zavorra. Noi siamo per il rigore e bene ha fatto il governo a tenere sotto controllo i conti pubblici. Ma anche a parità di gettito si potrebbe varare una riforma fiscale che sposti le tasse dalle persone alle cose, alleggerendo imprese e lavoratori.

È stato appena varato il decreto sviluppo e semplificazioni: funziona?
Semplificare è fondamentale. Ma occorre intervenire su tanti altri aspetti: per esempio la giustizia civile, che con i tempi così lunghi penalizza gli onesti. Resta il grande buco nero dei pagamenti della Pubblica amministrazione: tanti annunci, ma nei fatti lo Stato non sta pagando, mentre in Francia l'amministrazione lo fa a 60 giorni. Altro aspetto, si punta a spingere il credito di imposta per l'occupazione, invece che per gli investimenti. Andrebbe fatto il contrario: l'occupazione si genera con la crescita delle imprese.

E il dialogo con i sindacati?
Guardiamo sempre alla Germania: lì si stanno trovando soluzioni, da noi si continua a litigare. Dobbiamo ridurre il conflitto e aumentare il confronto: verificheremo se sui risultati delle Assise si potrà fare un percorso insieme.

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