Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 21 aprile 2011 alle ore 11:04.

My24

Per rilanciare la crescita, il Mezzogiorno ha bisogno di migliorare l'impiego delle risorse finanziarie a disposizione, recuperare l'efficienza della Pubblica amministrazione, snellire la macchina della giustizia civile. E naturalmente proseguire sulla strada della legalità. Sono le priorità che i vertici di Confindustria delle territoriali del Sud sottolineano nell'imminenza delle Assise generali di Bergamo, convocate per il 7 maggio con lo slogan "L'Italia che vogliamo" e le direttrici "Sbloccare la crescita, liberare il mercato, premiare il merito".

Particolarmente avvertito, naturalmente, il tema del ritardo negli investimenti dei fondi strutturali, cui è stata dedicata nei giorni scorsi a Bari una tappa del "road show" in vista del meeting nazionale. «Chiediamo non solo di accelerare,che è un imperativo categorico, ma anche di qualificare la spesa», sintetizza il presidente di Confindustria Catania, Domenico Bonaccorsi: «Rendere competitivo il Mezzogiorno significa renderlo appetibile agli investimenti innanzitutto potenziando le infrastrutture.

Ma non facciamo il quaderno dei desideri, piuttosto concentriamoci su quegli investimenti che veramente realizzano lo sviluppo del territorio, a partire dalle opere cantierate ma non terminate, da quelle cantierabili e da quelle anche minori che però da subito determinano investimenti». Sulla fiscalità cosiddetta di vantaggio, «che in realtà è di perequazione, Confindustria - sottolinea Bonaccorsi - si intesterà la battaglia per trovare la formula accettabile alla comunità europea».

La scommessa di lungo periodo è di utilizzare la leva fiscale per creare condizioni strutturali perché sia conveniente investire al Sud. «Fermo restando che dobbiamo investire in ricerca e innovazione, tenuto conto che siamo in crisi e che abbiamo sovraccapacità inespressa nelle aziende – ragiona il presidente di Condindustria Puglia, Piero Montinari – dobbiamo cercare di abbattere non il costo di investimento ma il costo per unità di prodotto».

E allora, visto che il capitolo sanitario ha portato al massimo le addizionali regionali e la pressione fiscale è più alta che al Nord, ecco la proposta di Montinari: «Cinque anni di esenzione fiscale totale, scambiando i 4 miliardi circa di incentivi alle imprese con i 4 miliardi di gettito Ires prodotto dalle regioni meridionali. Sarebbe un'operazione a saldo zero. È una provocazione, ma gli imprenditori sono arrabbiati, vivono in solitudine e si accorgono che i problemi della crescita non sono presi in considerazione».

Lo conferma Giorgio Fiore, presidente di Confindustria Campania: «Il fatto più grave è la mancanza totale di una politica industriale, laddove invece i paesi europei sono stati molto attivi: mentre la Germania ha realizzato una politica industriale rivolta ai paesi dell'Est, l'Italia non ha fatto altrettanto rispetto ai paesi del Mediterraneo e si ricorda solo in maniera episodica dell'industria, nei vari casi Alitalia o Parmalat.

È un problema italiano, ma esasperato al Sud». «Orientare una spesa pubblica, quella di sostegno e incentivazione all'innovazione e alla ricerca, è il vero tema su cui il Sud deve fare il salto di qualità– rimarca Pasquale Carrano, presidente di Confindustria Basilicata – perché i fondi saranno sempre più esigui e quindi dovranno essere orientati in maniera più efficace possibile. Bisogna però avere le idee chiare a casa nostra, in modo che tutti gli interlocutori convergano in un'azione di sistema».

Anche alla luce di questo, suggerisce Carrano, «Confindustria deve raccogliere la sfida di cambiare un po' pelle rispetto al ruolo che ha finora svolto sul territorio, immaginando una maggiore progettualità verso gli associati, incrementando la quantità e la qualità dei servizi, misurando la qualità della propria azione anche rispetto alla capacità di offrire opportunità di business ai propri associati».

Per liberare il mercato, secondo il presidente di Confindustria Cosenza Renato Pastore, bisognerà agire anche sulla giustizia. Se «sul campo dell'impegno per la legalità stiamo facendo tutto quanto possibile», la lentezza della giustizia penalizza l'attrazione di investimenti: «Una multinazionale che oggi volesse investire in Calabria – spiega Pastore – non ne avrebbe possibilità perché, se un processo civile dura 88 mesi, cioè oltre sette anni, sa che non recupererà mai eventuali crediti. La giustizia civile ha bisogno di abbassare i tempi e per questo basterebbero provvedimentisemplici, non grandi riforme».

Al Sud, inoltre, dove la maggior parte delle prestazioni è rivolta al pubblico, l'entità dei crediti vantati verso la Pa continua a soffocare le imprese, vessate dai meccanismi delle sanzioni tributarie: «Mentre Equitalia può in pochi giorni pignorare somme che figurano come dovute, la procedura inversa è straordinariamente lenta».

Commenta la notizia


Shopping24

Dai nostri archivi

301 Moved Permanently

Moved Permanently

The document has moved here.