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Questo articolo è stato pubblicato il 27 aprile 2011 alle ore 10:53.

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«Maggiore chiarezza su scelte energetiche e infrastrutture»«Maggiore chiarezza su scelte energetiche e infrastrutture»

Non si può continuare così. A fare impresa nell'incertezza. Con lo spauracchio di un paese spaccato, abituato a prendere partito, a tifare su qualsiasi cosa. Anche sui fattori competitivi indispensabili per permettere all'industria di agganciare il treno della ripresa. Come le infrastrutture e l'energia. Leve-chiave per l'attività quotidiana di ogni azienda ma che, triturate nel calderone della politica e della campagna elettorale, finiscono per essere solo lo sfondo di un inconcludente chiacchiericcio continuo.

È questa l'opinione degli imprenditori lombardi, alla vigilia delle assise generali di Confindustria, che si terranno a Bergamo il prossimo 6 maggio. «In Italia – esordisce Franco Bosi, presidente dell'associazione industriale di Pavia – è diventato difficile fare qualunque cosa. Nascono comitati contro il petrolio, contro il nucleare, ma anche contro l'eolico o il fotovoltaico a terra. E il Governo non contribuisce a fare chiarezza, con il balletto sul decreto rinnovabili. L'energia è uno degli elementi più importanti per un paese come il nostro, dove l'industria è fondamentalmente un'industria di trasformazione.

Purtroppo l'Italia è divisa: diventa tutto uno strumento di lotta politica, e così perdiamo terreno nei cofronti dei nostri competitor. Il referendum sul nucleare – spiega Bosi – è sbagliato. Va invece impostata una discussione seria. Partendo dal presupposto che siamo un paese deficitario e non autosufficiente, che importiamo gas, petrolio e anche energia elettrica, chiediamoci piuttosto che mix energetico vogliamo per il futuro del nostro paese, come vogliamo impostare la nostra politica di approvvigionamento energetico futura».

La stessa incertezza è vissuta sul fronte infrastrutturale. «Occorrerebbe un'iniezione di fiducia – spiega il presidente di Ance Lombardia, Luigi Colombo – con l'immissione di nuove risorse per opere infrastrutturali, soprattutto piccole e medie, quelle che interessano maggiormente le imprese del territorio e migliorano davvero la qualità dei cittadini. Ma occorre soprattutto intervenire sull'efficienza nella gestione delle risorse già stanziate, spesso bloccate da inaccettabili colli di bottiglia burocratici».

Per il leader dei costruttori «è fondamentale fare presto, intervenire con tutti i mezzi possibili per allentare i vincoli di spesa, migliorare l'efficienza e la puntualità nell'impiego delle risorse e per immettere liquidità nel settore edilizio, sfruttando appieno, in chiave anticiclica, l'effetto moltiplicatore garantito dagli investimenti in opere a servizio dei cittadini». Nonostante sia una tra le regioni più produttive e densamente popolate d'Europa, «la Lombardia – spiega Colombo – sconta ancora un gap infrastrutturale che richiede di essere colmato con urgenza.

Per quanto riguarda le grandi opere lombarde, non possiamo che auspicare una rapida conclusione dei processi decisionali per le opere ancora sulla carta e una puntuale esecuzione di quelle già cantierizzate, come la Brebemi, per arrivare all'appuntamento con il 2015 con una Lombardia al centro del network europeo dei trasporti. Ma l'attuale propensione al gigantismo negli appalti di opere infrastrutturali rischia di penalizzare, escludendole da una partita strategica per il settore edile, le tante piccole realtà che ne costituiscono oltre l'80% della base imprenditoriale. Chi governa e finanzia le opere deve avere ben chiaro che il mercato in cui operiamo funziona grazie al tessuto connettivo fatto di una miriade di piccole imprese».

E tra i soggetti che rischiano di essere tagliati fuori dall'enfasi sul gigantismo nelle grandi europee ci sono interi territori, come per esempio la provincia di Sondrio. «Le infrastrutture – spiega il presidente della Confindustria locale, Paolo Mainetti – sono un volano per la crescita: hanno un effetto moltiplicatore che colma ampiamente lo sforzo finanziario messo in campo per realizzarle. Sondrio, purtroppo, è all'82esimo posto per dotazione infrastrutturale provinciale in Italia. Peggio di noi fa solo Matera».

Per questo le istituzioni locali hanno deciso di rimboccarsi le maniche e fare da soli. «Siamo l'unico caso del genere in Europa – spiega –. Ci siamo autotassati per contribuire alla costruzione della nuova statale. La stiamo pagando noi». Il contributo statale non manca. «Le risorse stanno arrivando, il governo ci è stato vicino – aggiunge Mainetti –. Ma per il nostro territorio c'è ancora da fare, non solo sul piano delle infrastrutture materiali, ma anche per quelle immateriali. In valle ci sono aree artigianali ed industriali che non hanno nemmeno l'adsl, che sono ferme, a livello di collegamenti internet, a dieci anni fa».

Per Michele Graglia, presidente di Confindustria Varese e vicepresidente con delega alle infrastrutture di Confindustria Lombardia, «il deficit accumulato in questi anni è enorme. Ora si sta recuperando: va dato atto allo sforzo compiuto in questi anni per la Lombardia. Siamo ancora lontani, però, da una situazione di efficienza dal punto di vista infrastrutturale». E il problema non c'è solo sul fronte stradale. Secondo Graglia bisogna investire anche sul trasporto su ferro, altrimenti «la Lombardia sarà copmpletamente paralizzata nei prossimi anni».

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