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Questo articolo è stato pubblicato il 27 aprile 2011 alle ore 11:02.

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È il momento di aiutare l'exportÈ il momento di aiutare l'export

«Il nostro è un paese anti-impresa». Pieno di energie, in realtà, ma con molte difficoltà ad affermarle: «Quanto a inventiva non ci fregherebbe nessuno; è che facciamo sempre la figura dell'armata Brancaleone». E con ostacoli concreti che frenano le ambizioni: «Come vuoi vendere, senza strade efficienti e la banda larga?». La Piccola Industria del Nord-Est si presenterà all'assise generale di Bergamo sbuffando, ma con tante idee per ridare slancio al paese. A partire da proposte per rendere più equo il sistema fiscale: abolizione dell'Irap, che colpisce il costo del lavoro e gli oneri finanziari, e detassazione degli utili reinvestiti.

Nel Triveneto la ripresa si tocca con mano, eppure a un capannone di distanza i destini possono essere diversissimi. Le cose potrebbero andare ben diversamente, se il Paese fosse più competitivo. «Con la crisi in Nord Africa – dice Massimiliano Fabian, presidente Piccola Industria Trieste – il costo del petrolio è cresciuto per tutti. Ma com'è che noi l'energia la paghiamo il 30% in più rispetto alla Germania? In Friuli-Venezia Giulia subiamo anche la concorrenza delle imprese slovene, che pagano la metà delle nostre tasse e ricevono aiuti europei a fondo perduto come area Obiettivo 1».

Per ritrovare l'abbrivio, in molti hanno cambiato marcia, riducendo i costi e battendo altre strade a caccia di nuovi clienti. «Tante piccole aziende – afferma Franco Miller presidente PI Verona – hanno tentato di reagire alle difficoltà, puntando sull'export. Si sono trovati di fronte a una massa di pratiche incomprensibili. Chi è iscritto a Confindustria è stato aiutato, ma gli altri? È indispensabile che il paese supporti l'internazionalizzazione, semplificando le procedure». Ritagliarsi uno spazio all'estero non è semplice, specie per i più piccoli. Si parla tanto delle reti, anche se poi se ne fanno poche. «Le aziende altoatesine – dice Oswald Eller, presidente PI Alto Adige – sono in media ancora più piccole di quelle del resto d'Italia, e si distribuiscono nelle tante valli del territorio: per proporsi nei mercati emergenti è ovvio che dovrebbero unirsi». È d'accordo anche Diego Caron, presidente della Piccola Industria a Vicenza: «Il mercato ormai è globalizzato: da soli non ce la si fa, a meno che non si tratti un prodotto d'eccellenza o di nicchia. Bisogna fare squadra, snellire le imprese, investire in formazione, puntare sulla flessibilità». E sulla rapidiatà, anche della giustizia: «Uno dei nostri handicap - sostiene da Padova, Antonio Vendraminelli - è l'incertezza del diritto: in Germania un contenzioso di carattere commerciale va a sentenza in sei mesi. Da noi, ora della sentenza, sei già fallito».

In questi ritratti, però, il paese appare tutt'altro che flessibile e veloce: ingessato, da una burocrazia spesso incomprensibile. «In molte Pmi non esiste uno staff organizzato – rincara Miller – che possa star dietro a tutte le pratiche. Che cambiano di continuo, a volte anche solo da una provincia all'altra». L'impressione è che chi stabilisce le procedure non conosca le condizioni in cui lavorano le Pmi. E, più in generale, la sensazione diffusa è che la politica industriale del governo sia piuttosto confusa. «Lo ha detto anche la Marcegaglia, siamo soli. E la politica – Salvatore Palermo, presidente PI del Friuli-Venezia Giulia – non decide nulla. È sempre in campagna elettorale: annuncia riforme poco lungimiranti, che poi non vengono nemmeno realizzate».

Ma se il cahier des doléances è corposo, non è meno ricco l'elenco delle proposte. «La riforma fiscale va fatta al più presto – elenca Luca Cielo, presidente PI del Veneto – con il passaggio dalle imposte dirette a quelle indirette, sui consumi, per far ripartire l'economia». L'abolizione dell'Irap: una tassa aberrante, secondo Palermo. Lo sblocco dei lavori pubblici. «Da noi - dice Alessandro Benedetti, presidente PI del Trentino – la provincia ha fatto alcune riforme e i problemi sono magari meno accentuati che altrove. Però i tempi tra l'apetura della gara d'appalto e l'inizio dei lavori sono troppo lunghi. E nel frattempo le aziende chiudono».

E lo fanno spesso senza fare notizia. Si indebitano, falliscono. Faticano a ottenere credito dalle banche: «È il momento di crescere: per espandersi – ammonisce Mirco Viotto, presidente PI Venezia – serve denaro. Invece la concessione di credito bancario è sempre più cara. E tra poco, con Basilea3, un'altra grossa stretta creditizia nei confronti delle Pmi potrebbe bloccare del tutto la crescita. La detassazione degli utili reinvestiti potrebbe consentire il rafforzamento a livello patrimoniale».

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