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Questo articolo è stato pubblicato il 02 maggio 2011 alle ore 13:08.

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ANCONA - «Un mese all'anno, pari al 10% del mio tempo di lavoro, anche se nel passato queste persone rimanevano in azienda anche tre mesi». Per l'imprenditore marchigiano Gennaro Pieralisi durano così i controlli "cumulati" di Guardia di Finanza, Agenzia delle entrate, Asl e Inail. Pieralisi è il numero uno dell'omonimo gruppo con sede a Jesi, specializzato in macchinari per l'estrazione e la lavorazione dell'olio d'oliva, una realtà produttiva che conta 700 dipendenti diretti, un fatturato di 250 milioni di euro e un mercato per l'export di 30 Paesi.


«Ogni anno abbiamo una visita – spiega l'imprenditore – e non solo per accertamenti relativi alle regolarità contabili e lavorative della sua azienda, ma anche per richiedere informazioni in merito ai clienti».
Con un paradosso: «La nostra disgrazia, e mi si passi il termine, è di essere una delle poche grandi aziende delle Marche - prosegue Pieralisi, che è anche cavaliere del Lavoro e membro di Giunta di Confindustria nazionale - e tutti vengono a fare accertamenti e tutti giustamente pretendono attenzione. Succede allora che per alcuni giorni gli uffici vengano messi a loro disposizione e che io chiami a rapporto commercialisti e fiscalisti. Il punto è capire quale sia l'impatto di queste visite ripetute e non parlo per me quanto per le piccole aziende dove c'è una sola persona a occuparsi dei conti».


Ben venga, dunque, la proposta del ministro dell'economia Giulio Tremonti per regolamentare i controlli sulle imprese che spesso coinvolgono un gran numero di soggetti in un intrico di competenze incrociate e talvolta sovrapposte. «Un coordinamento è necessario - ribadisce Pieralisi - visto che in altri Paesi c'è addirittura un tutor che quando entra in ditta sa già cosa cercare. Qui da noi, invece, viene sempre gente nuova e il giro ricomincia». «Nella mia azienda in Spagna – racconta – capita che il tutor avvisi prima di venire e quindi che gli si prepari tutta la documentazione in anticipo. Ma lui conosce già la mia azienda da cima a fondo e punta direttamente a chiedere gli elementi d'interesse per l'erario spagnolo». Tutto sembra, quindi, molto più agevole.

«In Italia bisogna cercare di cambiare il sistema di controllo rendendolo meno onoroso, più efficace e soprattutto più centrato sugli obiettivi – conclude Pieralisi - perché spesso capita che molti verbali di accertamento si perdano per strada in numerosi e infiniti contenziosi che non portano benefici all'Erario ma sono un aggravio di costi per l'imprenditore».

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