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Questo articolo è stato pubblicato il 03 maggio 2011 alle ore 06:41.

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Sud in clamoroso ritardo con la programmazione dei fondi europei 2007-2013, Campania e Sicilia regioni leader della "non-spesa". Tutta colpa degli ormai proverbiali lacci e lacciuoli della burocrazia? O forse c'entrano qualcosa i rigidi vincoli del patto di stabilità e il tanto discusso deficit di classe dirigente di cui soffre il Mezzogiorno?
Innumerevoli le interpretazioni possibili, inequivocabili i dati della ragioneria di Stato. Almeno per chi vuol comprendere che aria tira, al di sotto del Garigliano, in quanto ad attuazione delle cosiddette politiche di convergenza dell'Ue: fino allo scorso 28 febbraio, le cinque regioni meridionali hanno impegnato appena il 15,3% della programmazione 2007-2013 e speso poco meno dell'8 per cento. I ritardi riguardano soprattutto il Fondo sociale europeo (Fse) che, a fronte di una dotazione di 5,6 miliardi, fa i conti con impegni pari a 559,7 milioni (avanzamento al 9,86%) e pagamenti da 373,4 milioni (6,5%). Il più sostanzioso Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) non se la passa molto meglio: su una programmazione per l'intero settennato da 22,3 miliardi, gli impegni non superano i 3,7 miliardi (16,7%) e i pagamenti si attestano sugli 1,86 miliardi (8,3%). I ritardi si concentrano soprattutto in Campania e Sicilia.

La prima regione ha infatti programmato solo il 6,6% e speso il 2,3% della dote Fse mentre sul fronte del Fesr gli impegni sono di poco inferiori al 10% e i pagamenti al 7 per cento. Che è accaduto da queste parti? «Da un lato la burocrazia – risponde l'imprenditore Paolo Scudieri che ha aderito al contratto di programma Irpinia Automotive, dal 2007 ancora in valutazione – dall'altro quella che per lungo tempo è stata l'impossibilità, da parte della regione, a cofinanziare le iniziative causa lo sforamento del patto di stabilità interno, hanno determinato questa spiacevole situazione di impasse». Il caso dei contratti di programma, del resto, è emblematico: 88 quelli eredità dell'amministrazione Bassolino (il riferimento è la Legge regionale 12/07), dodici dei quali approvati ma comunque fermi da tempo immemore. Ieri un piccolo passo avanti: l'assessore alle Attività produttive Sergio Vetrella ne ha avviato l'iter di finanziamento, «un passaggio che induce a un moderato ottimismo – commenta Scudieri – nella speranza che entro l'estate tutte le trafile burocratiche del caso possano essere archiviate».

La Sicilia vanta il record negativo per l'avanzamento dei programmi Fse (impegnato il 4,3% della dote e pagamenti al 3,7%) mentre il Fesr fa i conti con impieghi pari al 13,9% e spesa al 7,8 per cento. Da queste parti più che mai, pare che il nemico da sconfiggere sia la burocrazia. «Quando mi sono insediato – racconta l'assessore alle Attività produttive e past president regionale di Piccola industria Marco Venturi – ho dovuto costatare che in Regione, prima di arrivare all'erogazione di un finanziamento a valere sui fondi Ue, occorrono 56 diversi passaggi tra commissioni ed enti di valutazione vari». E così, dalle direttive dell'assessore all'arrivo delle risorse, trascorre nella migliore delle ipotesi un anno e mezzo, «una follia – secondo Venturi – cui ho intenzione di porre rimedio, tagliando le verifiche superflue».
Per il resto Calabria e Puglia appaiono un po' in affanno nella spesa del Fse (rispettivamente al 10 ed al 9,4%) mentre la Basilicata si dimostra la regione meridionale che è più avanti: impieghi sopra il 30% e spesa intorno al 18% sia per il Fesr che per l'Fse. Ma dalla sua, in quest'ultimo caso, gioca l'esiguità della dote.


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