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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2011 alle ore 14:11.
di Roberto Napoletano
«Guardi, abbiamo fatto tanti errori, abbiamo tante colpe, ma siamo anche un grande Paese. Noi siamo pronti a rimboccarci le maniche, vogliamo farlo, e lo faremo». Emma Marcegaglia, leader degli industriali italiani, il giorno dopo il varo della maxi-manovra del governo Berlusconi, ha in testa un pallino fisso: i giovani, la crescita, il rigore mancato delle pensioni di anzianità. Sullo sfondo ci sono i titoli pubblici italiani, il credito di un Paese che ha saputo reagire ma deve fare di più e meglio, il morso di una crisi finanziaria globale mai domata. Non ci sta Emma Marcegaglia a subire il diktat di Bossi e lancia un appello a maggioranza e opposizioni: «Si sfrutti il passaggio parlamentare per recuperare rigore e sviluppo insieme». Il sentiero stretto della crescita possibile passa attraverso la riforma delle pensioni di anzianità e un punto in più di Iva: solo in questo modo si possono liberare le risorse necessarie per diminuire il peso del fisco sul lavoro, dare uno stimolo alle infrastrutture e ridurre il prelievo di solidarietà sul ceto medio che rischia di avere una funzione depressiva superiore al previsto.
Presidente, con la maxi manovra da 45 miliardi abbiamo saltato un burrone, perso un'occasione o solo guadagnato tempo?
Va riconosciuto che Berlusconi e il governo si sono resi conto, magari un po' in ritardo e sotto la spinta decisiva della Banca Centrale europea, della gravità della situazione e hanno realizzato in pochi giorni una manovra di 45 miliardi aggiuntivi rispetto alla stessa manovra di luglio. Andava fatta. Le risposte bisognava darle prima è vero, ma la reazione c'è stata. Si poteva fare di più e meglio, certo, ma cominciamo a dire che la nuova manovra è stata fatta.
Ripeto la domanda: burrone saltato, occasione persa o tempo guadagnato?
Burrone saltato. Altrimenti sarebbe stata la catastrofe. Abbiamo anche guadagnato del tempo dopo averne perso tanto prima.
Quanto ha pesato, in questo risultato, il metodo della coesione auspicato dal Capo dello Stato?
Tanto. Perché è un fatto che c'è stato l'intervento della Bce ma è un fatto anche che le parti sociali si sono mosse unitariamente e, su tutto e tutti, non è mai mancata la regìa vigile e attiva del Quirinale. Il decreto del governo esprime le mille divisioni della sua maggioranza, porta i segni di tanti vincoli e resistenze, ma c'è, è arrivato nei tempi giusti.
Crede che questo metodo si potrà riproporre nelle prossime settimane e mesi?
Si deve proprio, direi. Il decreto ora va in Parlamento e ci vuole grande senso di responsabilità da parte di tutti. Il governo e la maggioranza (perché no?) si rendano disponibili a cambiare le parti meno riuscite e l'opposizione si ponga con una logica fattiva che risponde all'interesse generale. Non abbiamo bisogno di nuovi conflitti. Posso dirle di un'esperienza che mi tocca direttamente e di cui credo di avere fatto tesoro?
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