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Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2011 alle ore 19:09.

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Il grande mondo della ristorazione (Marka)Il grande mondo della ristorazione (Marka)

A parlare di ristorazione è facile perdersi nei mille rivoli che ci portano a pensare il nostro modo di mangiare fuori casa. “Ristorazione” è termine onnicomprensivo, una finestra su grande mondo fatto di prodotti e servizi, dove rientrano mode e contingenze alimentari, sistemi di produzione e conservazione degli alimenti, innovazioni logistiche, sostenibilità ambientale, grandi catene e piccole imprese a gestione familiare, mense e buoni pasto.

Certo il discorso verte sul “cibo”, argomento sempre attuale e interessante. D’altra parte ci vantiamo d’essere la patria del mangiar bene, ma siamo pronti anche noi a sperimentare tutte le tendenze alimentari. Intanto cambiano i nostri modelli di consumo, e un chiaro esempio viene dal pranzo che si è destrutturato e continua a perdere il titolo di pasto più importante della giornata, rimpiazzato dalla cena.

Negli ultimi venti anni, come sottolineano gli ultimi dati del Centro Studi della Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi), il numero degli italiani che pranza quotidianamente fuori casa è raddoppiato. Sono oggi circa 12 milioni di persone, che per un terzo vanno in mensa, per un terzo in bar e ristoranti, e per un terzo mangiano direttamente sul posto di lavoro.

Il mercato della ristorazione fuori casa, che vale 55,4 miliardi di euro ed eroga circa 6,6 miliardi di pasti, è suddiviso in due macroaree: la ristorazione collettiva (con una quota di mercato pari all’11,9%, dal valore di 6,56 miliardi di euro) e quella commerciale (con una quota di mercato pari all’88,1%, dal valore di 48,8 miliardi di euro).

Business to consumer
La gran parte dell’offerta di quest’ultima arriva da piccole imprese anche a gestione familiare che sono lo zoccolo duro del Btc (ristorazione commerciale). Sono più di 157mila le imprese registrate come ristoranti (dati Infocamere 2011), con un sorpasso sui bar che è segno dell’evoluzione del mercato. Una su due è organizzata come ditta individuale. Nel 2010, secondo le elaborazioni della Fipe, hanno avviato l’attività oltre 10.072 imprese di ristorazione, mentre 11.638 l’hanno cessata. Un saldo passivo pari a 1.566 unità, dal quale però sono rimaste escluse le ditte individuali, che anzi sono aumentate di 458 grazie soprattutto al decisivo contributo dell’imprenditoria immigrata che ha tirato la ristorazione in particolare nelle grandi città come Milano e Roma.

Business to business
Se quindi le abitudini alimentari degli italiani nei confronti del pranzo stanno cambiando, e anche vero che per quanti si rivolgono alle mense è importante avere un servizio di qualità. Basti solo pensare che tra gli utenti delle mense ci sono 2 milioni di bambini delle scuole materne ed elementari per i quali il pasto più importante continua ad essere il pranzo.
Al contrario di quanto avviene nella ristorazione commerciale, le imprese che svolgono attività di banqueting, di fornitura pasti preparati e di ristorazione collettiva sono per lo più società di capitale (il 35,6% delle circa 2.700 aziende), mentre le cooperative sono più presenti nel Sud Italia, con una quota del 20% sul totale.

Quello del BTB (ristorazione collettiva) è quindi un comparto più strutturato, dove la maggior parte delle imprese è costituita da grandi gruppi aziendali e dove il mercato è regolato da un sistema di gare d’appalto. Un mercato che si distingue per una maggior concentrazione nelle regioni di Lombardia, Lazio e Campania, alle quali “è dovuto oltre il 50% del saldo” (C.S. Fipe). I gruppi del settore, per l’importanza che rivestono come fornitori di mense scolastiche e ospedali ad esempio, riescono a rispondere alle importanti richieste della Pubblica Amministrazione, che richiede certificazioni di qualità e garanzia di provenienza delle materie prime, oltre che delle aziende private.
Ma dove va la ristorazione? «Credo che il futuro sia soprattutto nella qualità del servizio», è il commento di Marco Minella, segretario generale di Camst. «Da un lato ciò comprime i margini, ma dall’altro assicura fedeltà del cliente che è il principale patrimonio di un’impresa di servizi in un momento di recessione economica». Sul futuro occorre saper coniugare la specializzazione con le dimensioni. «Per quel che ci riguarda, ritengo che la sanità e le scuole possano avere ancora molti spazi di sviluppo, mentre altri settori quali l’aziendale, la fieristica, il congressuale e anche la commerciale non abbiano ancora terminato il loro percorso di discesa».

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