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Questo articolo è stato pubblicato il 31 gennaio 2013 alle ore 12:32.

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C'è una bomba a tempo pronta a esplodere oltre la Grande Muraglia: quella demografica. È una bomba anomala. La Cina, infatti, è l'unico Paese in via di sviluppo del mondo caratterizzato da una popolazione che invecchia. Tutta colpa della "politica del figlio unico", lanciata da Mao Tse-tung alla metà degli anni Settanta.

Le proiezioni parlano chiaro: oggi in Cina ci sono 122 milioni di ultra 65enni, ma entro il 2030 il loro numero raddoppierà. A quel punto, la superpotenza asiatica sarà il Paese più vecchio del pianeta. È un triste record, destinato a consolidarsi nel tempo: nel 2050 un terzo della popolazione cinese (circa mezzo miliardo di persone) avrà i capelli bianchi. E avrà bisogno di medicinali, ospedali, case di riposo. È un business colossale: basti pensare che, dal 2006 al 2011, il giro d'affari del settore sanitario cinese è più che raddoppiato, passando da 156 a 357 miliardi di dollari, una cifra pari al 5% del prodotto interno lordo del Dragone.

«Nei prossimi anni, l'healthcare in Cina continuerà a svilupparsi a un ritmo formidabile, con una spesa complessiva destinata ad aumentare a mille miliardi entro il 2020» sostiene un rapporto di McKinsey. Farmaceutica, medicina tradizionale cinese, diagnostica, biomedicale, apparecchiature, cliniche, ospizi: non c'è comparto che non sarà investito dalla montante onda demografica.

Ma a sostenere lo sviluppo prossimo venturo dell'healthcare del Dragone non sarà solo l'invecchiamento della popolazione. Ci sono almeno altri quattro fattori destinati a giocare un ruolo cruciale. Uno: la rapida diffusione di malattie croniche come il diabete e l'ipertensione, dovuta al cambiamento degli stili di vita della popolazione (nel 2010 in Cina si contavano 92 milioni di diabetici, oltre cinque volte più degli Stati Uniti). Due: la crescita della domanda sanitaria per malattie come il cancro, le depressioni, le sindromi respiratorie, che fino a qualche tempo fa non erano diagnosticate o non venivano curate. Tre: lo sviluppo del sistema assicurativo sanitario e previdenziale. Quattro: la ferma volontà del Governo di assicurare una copertura sanitaria minima all'intera popolazione entro la fine di questo decennio. Una volontà messa nero su bianco nel Dodicesimo Piano Quinquennale, che nel 2009 ha varato una riforma sanitaria che prevede 120 miliardi di dollari di investimenti entro il 2012.

Le opportunità di business per le aziende stranierie sono enormi e le multinazionali farmaceutiche che da anni hanno scommesso sulla Cina ne sono consapevoli. Qualcuna sta già raccogliendo i frutti dell'investimento: per Bayer HealthCare e Novo Nordisk, ad esempio, la Cina è diventata uno dei primi tre mercati del mondo per giro d'affari. Altre - come AstraZeneca, Glaxo Smith Kline, Eli Lilly e Merck - sono sbarcate in forze nel Paese stabilendo una presenza produttiva e aprendo anche unità locali di ricerca e sviluppo. E sono in buona compagnia: dal 2006 a oggi, ben 13 delle 20 principali case farmaceutiche mondiali hanno deciso di aprire centri di R&S in Cina. Altre ancora, come Baxter, per sfruttare il potenziale del business cinese, hanno scelto di spostare a Shanghai il proprio quartier generale per l'Asia-Pacifico.

Animata da un'avida sete di know how e tecnologia, Pechino ha accolto tutti i colossi globali della sanità a braccia aperte. Ciò non vuol dire, però, che per le multinazionali farmaceutiche e per gli altri operatori stranieri del settore la strada verso il profitto sarà una passeggiata.

«Il mercato cinese è tanto attraente e promettente, quanto complesso, insidioso e difficile» avverte il responsabile di una media azienda farmaceutica europea sbarcata nel Paese un paio di anni fa tramite un'acquisizione locale. «Gli ostacoli per le aziende straniere aumenteranno e la competizione con i produttori locali si farà sempre più serrata - spiega il rapporto di McKinsey - si creerà una netta separazione tra vincenti e perdenti, e a pagarne le conseguenze saranno soprattutto le ultime arrivate. Ciononostante, restiamo ottimisti sulle prospettive del mercato dell'healthcare cinese».

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