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Questo articolo è stato pubblicato il 22 giugno 2010 alle ore 09:14.
Si risolleva la Spagna, s'impenna il Portogallo. Ma è la vecchia Europa a traballare, in questa prima edizione africana di un mondiale, e non si può nemmeno dire che sia il nuovo che avanza a rischiare di travolgerla. Potrebbe valere forse per i francesi, presi d'infilata da una squadra, il Messico, che gioca un calcio se non altro coraggioso dati i tempi. Non vale per Italia e Inghilterra, messe in condizioni di non nuocere da squadre, Nuova Zelanda e Algeria, diversissime tra loro ma con un indiscutibile minimo comun denominatore: la disarmante pochezza di un contro gioco costituito, nel primo caso, dalla sola prestanza fisica e nel secondo da uno sfrenato dinamismo. Nemmeno la Germania se la passa poi così bene, dopo un avvio che l'aveva probabilmente illusa al di là dei suoi meriti effettivi. Ma per magra che possa essere la consolazione, è stata almeno la Serbia a smontarne il meccanismo: la superstite più autorevole quindi della rispettabilissima scuola slava.
Fermo restando che anche nel calcio c'è modo e modo di cadere. E non c'è dubbio che il fragore sia sempre direttamente proporzionale alle attese, ai presupposti. Da questo punto di vista la delusione principale arriva dall'Inghilterra. Non soltanto era tra le favorite. Ma era anche legittimamente accreditata di meccanismi collaudati, sia dal punto di vista tecnico che tattico che della personalità. E questo grazie sia al lavoro in profondità di un allenatore come Capello, sia alla presenza di tre giocatori come Gerrard, Lampard e Rooney, leader rispettivamente di Liverpool, Chelsea e Manchester United. Non proprio tre squadre qualunque. Ebbene, chi li ha visti contro l'Algeria, insicuri, balbettanti, incapaci di un'iniziativa all'altezza della loro fama non può non aver stentato a riconoscerli. Professori di lungo corso o scolaretti da prendere per mano? È stato tale lo shock che l'Inghilterra ha preso a interrogarsi anche sulla qualità del lavoro del magnifico rettore. Arrivando, a dar retta agli immancabili bookmaker, alla conclusione che in caso di eliminazione precoce la prima testa a saltare sarà proprio la sua, quella sino a pochi giorni fa coronata di Fabio Capello.
Di là dalla Manica, il carisma del presunto maestro Domenech era tramontato da tempo. Al punto che Laurent Blanc era già stato ufficialmente designato alla successione, ben prima del disastro. Ma certo nessuno poteva immaginare che il calcio francese si sarebbe coperto di vergogna come mai nella storia del calcio planetario era accaduto. In campo tutto sommato niente di così trascendentale era poi accaduto. Un pareggio relativamente a sorpresa con l'Uruguay al debutto: poi la sconfitta contro un Messico semplicemente più vivo, più forte, com'è abbastanza normale che accada a una squadra a fine ciclo i cui ricambi non sono all'altezza. E invece proprio lì la maionese è impazzita. All'indomani della sconfitta, L'Equipe ha titolato a tutta copertina con la frase da angiporto rivolta da Anelka a Domenech al momento della sostituzione. Dopodiché, in rapida successione, prima è scattata la caccia alla gola profonda, poi Anelka è stato rimpatriato dalla federazione, poi i giocatori hanno disertato l'allenamento, poi si è dimesso il dirigente accompagnatore. Gli ultimi sviluppi raccontano, da un lato, che Domenech aveva provato invano a scongiurare l'ammutinamento dei giocatori. Dall'altro che alcuni di loro avrebbero addirittura intenzione di non scendere in campo oggi contro il Sudafrica. Per non parlare della mossa del Crédit Agricole, sponsor ufficiale dei Bleus, che ha già annunciato la sospensione della pubblicità televisiva.