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Questo articolo è stato pubblicato il 08 settembre 2011 alle ore 13:49.
Il capitolo Iraq è il più complesso. Obama era contrario all'intervento, definito "dumb war", guerra stupida. La promessa era di ritirare tutti i soldati americani entro la fine del primo mandato. Una promessa già calendarizzata da Bush e dal premier iracheno Nouri Al Maliki in un trattato formale tra Stati Uniti e Iraq che prevedeva il ritiro parziale entro il 2010 e quello definitivo, di tutti i soldati americani, entro la fine di quest'anno. Ora Obama sta pensando, su richiesta dei suoi militari e di Baghdad, di rompere quella promessa e superare il trattato Bush-Maliki e di lasciare in Iraq un contingente militare. Al vaglio ci sono due ipotesi: quattordicimila uomini oppure, più probabile, tre o quattromila.
Obama si è circondato degli stessi collaboratori di Bush per combattere la guerra al terrorismo scatenata da Al Qaeda. Il primo Segretario della Difesa è stato il ministro della guerra di George Bush, Bob Gates (da qualche settimana sostituito da Leon Panetta). A guidare la Cia, al posto di Panetta, Obama ha messo il generale simbolo delle guerre di Bush, David Petraeus. Prima di nominarlo alla Cia, Obama lo ha utilizzato per rimettere in sesto la situazione militare in Afghanistan, nella speranza che Petraeus ripetesse a Kabul i successi del "surge" in Iraq. Il surge è la strategia politica e militare decisa da Bush nel 2007, e allora osteggiata da Obama e dall'establishment di Washington, che infine ha risollevato l'Iraq dal caos totale in cui era caduto a inizio 2006.
La strategia voluta da Bush ed eseguita da Petraeus ha avuto così successo («al di là di ogni più rosea aspettativa» ha detto successivamente il senatore Obama) che il presidente Obama, una volta alla CAsa Bianca, ha deciso di applicarla, con le opportune modifiche, anche in Afghanistan. Anche gli altri generali di Obama, oltre a Petraeus, sono in gran parte gli stessi preferiti da Bush. Obama li ha promossi tutti. A guidare la guerra in Afghanistan al posto di Petraeus ha messo il generale di corpo d'armata John Allen, veterano dell'Iraq. Al Central Command ha nominato James Mattis, il generale protagonista della battaglia per la liberazione di Falluja. Il presidente dei capi di stato maggiore riuniti, la più alta carica militare americane, è l'ammiraglio Mike Mullen, nominato nel 2007 da Bush. Il suo successore designato è il generale Martin Dempsey, ex capo di stato maggiore dell'esercito. Al suo posto, Obama ha nominato Ray Odierno, il generale che ha catturato Saddam. Il coordinatore delle guerre in Afghanistan e in Iraq, un ruolo creato appositamente da Bush presso la Casa Bianca, è Douglas Lute, più noto come «lo zar della guerra». Obama lo ha confermato e gli ha affidato anche il dossier Pakistan.
Nella gestione delle politiche antiterrorismo, Obama si è servito anche di funzionari civili che avevano svolto lo stesso compito per il suo predecessore. Il suo principale consigliere antiterrorismo di Obama, John Brennan, è vice Consigliere della Sicurezza Nazionale e assistente del presidente. Negli anni di Bush è stato numero 2 della Cia, direttore del centro minacce terroristiche di Langley a diretto contatto con Bush e infine direttore del Centro nazionale antiterrorismo. L'architetto delle azioni finanziarie antiterrorismo di Obama è Stuart Levey, scelto per quel ruolo da Bush nel 2004. Anche il neo ambasciatore in Afghanistan Ryan Crocker è lo stesso che, assieme a Petraeus, ha risollevato le sorti della guerra in Iraq. Bush lo chiamava il «Lawrence d'Arabia americano» perché è riuscito a far partecipare i sunniti iracheni al processo politico democratico e a convincere il premier al Maliki a smantellare le milizie sciite ribelli. Quando Obama è diventato presidente, l'ambasciatore Crocker è andato in pensione ed è diventato rettore della George Bush School of Government and Public Service all'università A&M del Texas. Ora Obama l'ha richiamato per guidare la diplomazia americana, per riprovare il miracolo iracheno e per superare una delle crisi più complicate del mondo.
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