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Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2012 alle ore 18:13.
Tre uomini e una medaglia. Quella d'oro, la più importante e prestigiosa, quella che definisce i contorni di una carriera già straordinaria, oppure lancia verso destinazioni affascinanti e ricche di gloria ed entusiasmo atleti che fino a poco prima non avevano ancora fatto conoscere il proprio nome a tutto il mondo.
Londra 2012, torneo maschile di tennis. Si gioca al meglio dei 3 set. Unica eccezione, e non di poco conto, la finale. Che si disputerà ai meglio dei 5, l'ultima fatica prima di salire sul podio e ricevere la medaglia. Terreno di battaglia, i campi di Wimbledon, che ospiteranno il meglio della racchetta internazionale a distanza di 3 settimane dalla conclusione della supersfida tra Roger Federer e Andy Murray. Dallo Slam all'oro, in 30 giorni o poco più si decide la stagione, le stranezze del calendario che non ammette deroghe e riflessioni.
Si diceva, tre uomini e una medaglia. Nell'ordine della classifica Atp pubblicata il 9 luglio: Federer, Djokovic e Nadal. Uno svizzero, un serbo e uno spagnolo. Il meglio del tennis da qualche anno a questa parte. Dietro di loro, scaramucce, tante, tantissime speranze, ma poco altro. Perché Murray, il numero 4 dell'elenco mondiale, non arriva mai a portare a casa il risultato che potrebbe cambiargli la vita. L'abbiamo visto a Wimbledon, contro sua maestà Federer. Talento, buona volontà e una voglia di vincere da strappare gli applausi anche dai tifosi avversari. Eppure, non basta. Perché quando dall'altra parte della rete hai una macchina da punti come Federer, pure in giornata di grazia, non resta che affidarsi alla buona sorte e picchiare duro. Finché si può.
Grazie al successo di Wimbledon, il tennista elvetico è tornato sul tetto del mondo dopo 2 anni di attesa. I numeri dicono che, meglio di lui, nessuno mai. Fin qui, Federer ha vinto 17 tornei del Grande Slam (7 Wimbledon, 4 Australian Open, 1 Roland Garros e 5 Us Open), 6 Masters e 20 tornei Masters 1000. Dicevano fosse finito. Che il suo tempo (l'8 agosto compie 31 anni), quello dei traguardi strepitosi, fosse ormai passato. Campionissimo per sempre, ma con il fiato corto per via dell'età che passa e degli avversari che non mollano un colpo. E invece, eccolo ancora davanti a tutti, a dimostrare che il momento di lasciare la racchetta è ancora lontano.
Alle Olimpiadi di Londra, per vincere la medaglia che non è mai riuscito a mettere al collo. Quarto a Syndey 2000, fuori al secondo turno ad Atene 2004, e fuori ai quarti a Pechino 2008. Una delusione senza confini. Fuoriclasse nel tennis internazionale, Federer è stato vittima di se stesso e delle proprie paure nei Giochi a cinque cerchi. Per lui, potrebbe essere l'ultima occasione. Come dire, adesso o mai più.
A contendergli il successo che vale una carriera il solito Djokovic, che insieme con l'altro grandissimo Nadal ha dominato il tennis internazionale negli ultimi 24 mesi. Il serbo arriva da un 2011 fantastico (ha vinto Australian Open, Wimbledon e Us Open) e da un 2012 in leggera flessione (due trionfi, Australian Open e Roland Garros). A Pechino si è guadagnato la medaglia di bronzo ai danni di Blake, vuole fortissimamente ripetersi e, se possibile, fare meglio. Certo, sempre che, il terzo incomodo, vale a dire Nadal, che proprio nel 2008 aveva centrato l'oro ai danni del cileno Gonzalez, superato in finale dopo aver regolato lo stesso Djokovic nel turno precedente, non si metta in mezzo e non decida di riconquistare la medaglia del metallo più pregiato. L'iberico ha già vinto due volte sui campi in erba di Wimbledon, nel 2008 e nel 2010. Quando mette la marcia, spara dei missili aria-terra che fanno male a chiunque, Federer e Djokovic compresi. Tre uomini e una medaglia, dunque. Per cambiare l'inerzia della stagione. Per confermare che il tennis è ancora roba loro.
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