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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2012 alle ore 07:30.

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L'inno di Mameli, la bandiera che sale, magari una lacrimuccia, una mano sul cuore e l'altra ...in tasca. Non per sciatteria o per eccessiva confidenza con la situazione ma per denaro. Non di sola gloria vive un atleta. A quelli italiani che conquisteranno un oro a Londra (a Pechino nel 2008 furono otto), arriveranno anche 140mila euro. Che il Coni ha deciso di assegnare a ogni azzurro che salirà sul gradino più alto del podio. Premi a scalare per le medaglie d'argento (75mila euro) e per i bronzi (50mila euro). Esattamente come era accaduto in Cina, la crisi non concede slanci di magnanimità.

Son denari sudati e meritati, nulla da dire: gli sport olimpici, e gli atleti che dell'Olimpiade fanno una questione di vita o di morte, hanno la ribalta solo ogni quattro anni. Poi è tempo d'oblio: per eventuali sponsorizzazioni, le aziende ritornano a cercare sempre i soliti noti, magari quelli che si fanno notare per bravate in auto, per gossip gratuiti e mirati alle riviste interessate o per affermazioni sconvenienti. E meno male che molti azzurri hanno uno stipendio dai corpi dell'arma (fiamme gialle, polizia, guardia forestale, carabinieri) per i quali sono tesserati.

Ma val bene un confronto. Il quotidiano sportivo francese L'Equipe ha rivelato che nessuno guadagnerà quanto gli atleti azzurri. Solo i russi (104mila euro) sfiorano il bottino dell'Italia. Lontanissimi Paesi di grande tradizione sportiva: Francia (50.200 euro), Cina (42.400 euro), Usa (19mila), Australia (15.600), Germania (15mila). E gli inglesi? Nulla, neppure una sterlina bucata. A loro basterà un sorriso - appena accennato - di sua Maestà.

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