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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2012 alle ore 08:00.

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Valentina Vezzali, alfiere dell'Italia, ha 38 anni ed è mamma di un bimbo. Ha più del doppio di quei 16 anni scarsi che Miranda Cicognani esibisce come alfiere azzurra a Helsinki nel 1952. La ginnasta di Forlì è la prima donna italiana portabandiera: non male come emancipazione se si pensa che la prima azzurra in gara, la tennista Rosetta Gagliardi, era stata solo poco prima, ad Anversa nel 1920.

Per farla partecipare all'Olimpiade l'età di Miranda è arrotondata per difetto (succedeva spesso e forse succede ancora per i ginnasti cinesi): lei, libellula minutissima, sbuca sulla pista dell'Olympiastadion di Helsinki sotto il peso del tricolore e di una pioggia fitta. Ricorda così quel giorno: «La bandiera aveva un'asta grossissima, era davvero pesante. Il vento mi spostava e cercavo di contrastarlo per non fare brutta figura». E, nomen omen, fu ammirata da tutti, nonostante vento e stanchezza. I genitori le avevano vietato il viaggio in aereo: troppo sconveniente per una mezza ragazzina degli anni 50. Così arriva in treno a Stoccolma e poi una nave la porta attraverso il Baltico alla meta olimpica. I giornali di allora la descrivono "composta e armonica": conquista il sesto posto con la squadra di ginnastica e partecipa anche a Melbourne 1956.

Valentina Vezzali (preferita come alfiere a Josefa Idem e Alessandra Sensini) arriva a Londra con un'ossessione: vincere il quarto oro consecutivo nella quarta olimpiade. Lei, cannibale del fioretto, ha già digerito ed esultato per sette medaglie olimpiche ma i cannibali non si accontentano e non si lasciano infilzare dai sentimenti. Forse Valentina è stata umana, una di noi insomma,

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