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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2012 alle ore 19:07.
Oggi la tv salva il conto economico del Cio e dei Giochi (i diritti tv valgono 3,9 miliardi di dollari). E salva anche due edizioni dei Giochi, quella del 1940 e del 1944, finite murate in un campo di prigionia. E diventate "L'Olimpiade nascosta", fiction in due puntate di Rai Fiction e Casanova Multimedia con la regia di Alfredo Peyretti.
Nel freddo di Langwasser, Woldenberg e Grossborn, tre puntini invisibili nella pianura fra Germania e Repubblica Ceca, i prigionieri cercano nello sport una ragione di vita, una fuga mentale dall'orrore servito loro ogni giorno. Accade qualcosa di simile a quel che, trent'anni dopo, per vincere frustrazione e solitudine, Nelson Mandela e i suoi compagni di prigionia a Robben Island fanno inventandosi una sorta di regolare campionato di calcio, riconosciuto dalla Fifa.
Il Cio, invece, non vuole sentire ragioni. Non sono vere Olimpiadi – dice il Comitato olimpico internazionale – perché vengono meno due dei fondamenti dei Giochi: un periodo di pace (dal 1939 al 1945 ci fu solo dolore e morte) e l'internazionalità (anche se nel campo di Langwasser gli internati rappresentano sette Paesi).
L'artefice dei Giochi scomparsi del 1940 è Teodor Niewiadomski, anima del Ghetto di Varsavia morto negli anni Novanta: inventa il getto della pietra e la corsa della rana, vuole gare di pallavolo e suona di nascosto gli inni nazionali con un'armonica. E i tedeschi non scoprono mai questi Giochi segreti.
Nel 1944, a Woldenberg e Grossborn, gli atleti sono solo polacchi e a guidarli nelle competizioni è l'inventiva di Arkadiusz Brzezicki. L'unico sopravvissuto (ha 103 anni) di quelle Olimpiadi lontane.
Il Cio non vuole andare oltre quel filo spinato ma basta entrare nel Museo dello sport di Varsavia per ammettere che i Giochi del 1940 e 1944 si sono svolti, eccome. Protetti da uno straccio su cui i prigionieri dipinsero i cinque cerchi e la loro fame di libertà.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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