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Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2012 alle ore 07:30.
Il mostro dalle mille teste, il mostro che sguscia a tutti i controlli dovrà vedersela con un esercito che lavora da un anno e che ha a disposizione mezzi sofisticati e tanta rabbia.
Il centro antidoping dei Giochi 2012 ha sede nell'area industriale di Harlow, nell'Essex, a 30 chilometri dal nuovo Stadio olimpico: vi lavorano esperti del King's College di Londra sostenuti da esperti internazionali e dai soldi della GlaxoSmithKline (oltre 12 milioni di euro), primo sponsor di un laboratorio antidoping olimpico.
I numeri sono da corazzata: 6.250 controlli previsti (erano stati 4.500 a Pechino e 3.600 ad Atene), 500 euro il costo medio di ogni controllo, mille scienziati, 150 tecnici di laboratorio. Una macchina che funzionerà 24 ore su 24 sotto la guida di David Cowan, del King's College.
«Se non possiamo garantire con assoluta certezza che saranno Giochi senza doping, possiamo garantire – ha detto Hugh Robertson, il ministro inglese dello Sport – che abbiamo realizzato il miglior sistema possibile per scoprire chi vuole imbrogliare». Intento sacrosanto, a tutela della salute degli atleti e nostra, che paghiamo per vedere sport, non la messa in scena di farse sportive: i test possono individuare oltre 200 tipi di sostanze illecite, fra cui l'Epo (eritropoietina) e il Cera (l'Epo di terza generazione). Dopo 24 ore i risultati delle analisi: entro le successive 24 le denunce in caso di positività (con il diritto per l'atleta al test anche su un secondo campione).
Sembra una cassaforte a prova di scasso biologico e di imbroglio ematico, ma chissà.
Tre cose vorremo: che non si ripeta lo scempio di Pechino (sei atleti – fra cui Davide Rebellin, argento nel ciclismo su strada – positivi dopo otto mesi); che siano puniti anche medici, massaggiatori e altri faccendieri che girano attorno agli atleti (e che sono coloro che spingono al doping) e che a vincere siano divertimento e allegria. Quelli che ci hanno insegnato il Barcellona di Pep Guardiola e l'Italia di Prandelli.
E, in fondo, confidiamo anche nella mitologia: Medusa, mostro e spavento, non era immortale. Neppure il doping.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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