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Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2012 alle ore 21:22.
Londra – "Da qui all'Aquatic center? In autobus, quello lì rosso, sono tre minuti, cinque al massimo". C'è tempo per sbrigare le ultime cose e arrivare in anticipo nelle splendide piscine disegnate da Zaha Hadid. Il double decker rosso caro alla tradizione inglese è appena uscito di fabbrica e parte leggiadro, molleggiato com'è nelle versioni più moderne lontane da quelle d'antan che incrociano Piccadilly.
Il tragitto in linea d'aria è un niente, in autobus diventa una minimaratona all'interno dell'Olympic park. Due semafori, tre fermate, due code…allineati dietro ad altri bus. Tre, cinque, dieci, quindici, siamo vicini ai venti, venticinque minuti. Il tempo passa e l'appuntamento con la piscina s'avvicina. Finirà bene, ma per un pelo. L'organizzazione dei trasporti olimpici britannica dedicata agli addetti ai lavori è, quantomeno, laboriosa. La gestione di eventi del genere non è, notoriamente, semplice, ma imporre il limite di velocità dei 20 all'ora e usare quasi esclusivamente autobus di elefantiache dimensioni, non è la soluzione ideale. Navette agili avrebbero fatto molto più comodo per unire gli stadi all'interno del parco. Per quanto riguarda quelli oltre la cortina di protezione a Cinque Cerchi, l'avventura è ancor più rocambolesca. Tempi, talvolta eterni in netto contrasto con la velocità degli eventi. Spigolature del secondo giorno di Giochi quando, si dirà, il motore deve ancora carburare. Probabile. Resta la sensazione che lo scandalo sulla sicurezza che ha accompagnato l'apertura dei Giochi abbia qualche strascico, come dire, diffuso. La cortesia di autisti, sorveglianti, personale volontario e non, è assolutamente estrema, la competenza non sempre di pari livello. Il motore deve appunto carburare, speriamo… faccia presto.
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