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Economia Aziende

La ripresa si aggancia in laboratorio

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 aprile 2010 alle ore 17:54.
L'ultima modifica è del 14 giugno 2010 alle ore 13:23.

NOVARA - Una terra di alchimisti. Per la vocazione chimica di una parte dell'industria, ma anche per la capacità di mettere insieme università e aziende, utilizzando l'accelerante del trasferimento tecnologico orientato alla sostenibilità ambientale.
Se fino a un paio di anni fa le interazioni esistevano, ma imprese, ateneo del Piemonte orientale Amedeo Avogadro e centri di ricerca viaggiavano separati, ora, da qualche mese, si mescolano sempre più di frequente: nei locali dell'edificio di Renzo Piano che ospita la fondazione Novara Sviluppo, dove le aziende insediate hanno praticamente esaurito lo spazio a disposizione; nell'Incubatore dell'università (anch'esso ospitato da Novara Sviluppo); nel Polo di innovazione per la chimica sostenibile, il cui soggetto gestore, il Consorzio Ibis (acronimo di Innovative BIo-based and Sustainable products and processes) raccoglie Associazione industriali, ateneo, Provincia di Novara e 18 tra piccole e grandi imprese per oltre 1.700 addetti.

Qui, in mezzo alle risaie, ai mix fortunati sono abituati da tempo, sin dall'invenzione della "paniscia", il piatto tipico fatto con riso, verdure, salsiccia, mescolati e cotti per ore. Insomma, la ricetta per uscire dalla crisi individuata da Unioncamere nell'ultimo recente rapporto – attenzione per l'ambiente, sostenibilità e ricerca – fa parte da tempo del "menù" quotidiano del sistema produttivo novarese.
«Il primo successo – afferma Franco Pellacini, presidente del Consorzio Ibis – è stato mettere intorno allo stesso tavolo varie aziende, che hanno propri segreti industriali, convincendole che con collaborazione e sinergie si possono ottenere risultati». A Ibis hanno aderito colossi come Bracco e Radici Chimica e spin off universitari come Cage Chemicals e Mybatec. A fianco dei soci consorziati il Polo aggrega altri 21 soggetti (enti di ricerca, istituzioni scientifiche) e intanto aspetta «che la Regione – spiega Pellacini – dia a giorni il via libera definitivo ai quattro progetti già approvati con 3,5 milioni di finanziamento»: si spazia dalle fonti rinnovabili, alle vernici "verdi", ai processi chimici ecocompatibili.

Risultati possibili grazie anche – o soprattutto – alla simbiosi con l'università. Qui, a differenza di altri casi piemontesi, gli iscritti sono aumentati del 57% in dieci anni; la ricerca ha raccolto nel 2009 oltre 8 milioni di finanziamenti; l'ateneo cresce: stanno cominciando i lavori per il nuovo campus all'ex caserma Perrone da 25 milioni e il progetto di Cittadella della salute da 360 milioni (ospedale più facoltà di medicina) è alla fase preliminare.
«Qui il rapporto tra ricerca, università, imprese e trasferimento tecnologico funziona» conferma Cesare Emanuel, prorettore dell'Amedeo Avogadro e presidente dell'Incubatore di imprese. I motivi? «I docenti che arrivano da noi si immedesimano nel contesto, l'università non si ferma e di fronte trova istituzioni e aziende disponibili al confronto e alla collaborazione. Insomma, non si tratta solo di un legame dovuto alla compresenza territoriale». Accanto all'ateneo è nato, da pochi mesi, l'Incubatore: «Oggi abbiamo quattro spin off insediati e seguiamo altri sei gruppi di ricerca – dice il direttore Lorenzo Lener –. Siamo nati con un capitale sociale di 400mila euro e nel 2010 riceveremo finanziamenti per 200mila euro. Ma il nostro obiettivo è anche produrre progetti spendibili». Numeri piccoli, ma, come sottolinea Leonaro Toscani, presidente di Novara Sviluppo, «accompagnati da alta qualità. Le imprese chiedono di ampliarsi e noi siamo pronti a crescere, sia dimensionalmente sia come collaborazioni. Ora, accanto ai centri di ricerca, si sta insediando anche un primo complesso produttivo, quello di Progefarm».

Un'isola felice sulla direttrice Torino-Milano, quindi? Non del tutto. Per Emanuel «a fianco della percezione collettiva che questo è un posto dove possono nascere iniziative importanti, e quindi ha senso e significato partecipare, c'è anche l'esigenza di fare massa critica e mettere in campo un maggiore coordinamento». E secondo Pellacini, «parlare di isola felice nello scenario congiunturale attuale è forse eccessivo. Inoltre i fondi a disposizione della ricerca non abbondano. Ma è innegabile che l'integrazione è più sviluppata che altrove e non ci sono rischi di sovrapposizione. Il Polo punta essenzialmente a favorire la ricerca in collaborazione con l'Università e l'incubatore aiuta le start up a crescere».

carloandrea.finotto@ilsole24ore.com