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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2011 alle ore 18:40.

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I Bric tirano la ripresa globale (Ansa)I Bric tirano la ripresa globale (Ansa)

La crisi è finita o comunque ne stiamo uscendo, il rischio di «double dip» (ricaduta) non c'è all'orizzonte sebbene a tirare la volata oggi siano i paesi emergenti, i Bric (Brasile, Russia, India, Cina e Turchia) e non più le economie sviluppate. È un mondo rovesciato dove gli emrgenti corrono e trascinano i paesi ricchi che invece crescono poco e rischiano la stagflazione degli anni 70.

Due appunto le minacce che incombono sullo scenario globale a tinte rosa del Fondo monetario internazionale. Secondo Oliver Blanchard, capo economista dell'Fmi a Washington, bisogna tenere d'occhio l'aumento dei prezzi delle materie prime, soprattutto il petrolio, che potrebbero creare lo spettro degli anni 70 della cosidetta stagflazione, (stagnazione economica sommata all'inflazione) anche se è abbastanza difficile che questo incubo ritorni e l'aumento dei deficit delle partite correnti, cioè dei disiquilibri tra i paesi, dove c'è chi consuma troppo e chi troppo poco o niente del tutto preferendo esportare e aumentare le riserve valutarie.

Chi tira la ripresa globale
La ripresa economica mondiale procede più o meno come previsto dice l'Outlook di primavera dell'Fmi, con il pil mondiale che crescerà nel 2011 del 4,4% e del 4,5% nel 2012, cioè confermando le stime precedenti di gennaio e sottolinea che «i timori iniziali di una nuova recessione non si sono materializzati». Ma chi trascina la ripresa? Questa è la vera sorpresa. Il mondo cresce del 4,4, quest'anno con i paesi avanzati al 2,4% (erano al 3% nel 2010), gli Stati Uniti all'2,8%, l'area euro all'1,6%, il Giappone all'1,4%, la Gran Bretagna all'1,7, l'Italia all'1,1 (uno 0,1% in più delle previsioni di gennaio) ma con la Spagna allo 0,8%, fanalino di coda e la Germania prima della classe con il 2,5%. Tutta un'altra storia per le economie emergenti che correranno al 6,6% con la Russia (petrolio e gas aiutano) al 4,8%, la Cina al 9,6%, l'India all'8,2% il Brasile al 4,5, il Messico al 4,6 e la Turchia al 5,6. È un'altro mondo dove il problema è il surriscaldamento dei prezzi, l'inflazione da tenere sotto controllo in modo da evitare che l'aumento dei prezzi al consumo crei tensioni sociali nelle classi più povere.

I rischi in agguato
Dopo quelli relativi al rischio di una recessione «double dip», ora i timori sono sui prezzi delle commodities. Le materie prime sono rincarate più di quanto previsto a causa di una forte crescita della domanda e di shock di offerta (le crisi gepolitiche in Libia e in Medio Oriente). Non è il caso, tuttavia, di temere nuovi fantasmi di deflazione in stile anni '70, perché gli aumenti «non sembrano essere in grado di fermare la ripresa».
Nondimeno, i possibili rischi da «nuova turbolenze nelle forniture petrolifere sono fonte di preoccupazione». I pericoli sono più marcati per le economie emergenti e in via di sviluppo, dove i consumi per l'alimentazione e il riscaldamento sono più elevati, mentre quelle avanzate sembrano più al riparo. Sul petrolio, il Fondo sottolinea che le prospettive di prezzo di medio termine «dipendono fortemente dalla possibilità di una maggiore stabilità nei Paesi esportatori del Medio e Vicino Oriente» e dal gioco tra forza della ripresa, dinamiche della domanda e dell'offerta. Nel medio termine, tuttavia, anche se si concretizzassero i segnali di una minore crescita delle forniture di petrolio, l'impatto sulla crescita mondiale sarebbe limitato a meno dello 0,25% annuo.

La strategia tedesca
Ecco spiegato perché la Germania cresce più degli altri partner europei. Berlino ha puntato l'export verso i Bric, al punto che si parla di un partito interno al gruppo dirigente tedesco che preme per una «grande Germania», con seggio autonomo all'Onu, e sempre più svincolata dall'Europa e che giochi libera nella competizione globale. Un fronte che si contrappone a un secondo partito, quello della Germania integrata e saldamente ancora alla Ue, che vede con sospetto ogni politica troppo autonoma che potrebbe isolare il gigante economico e fargli perdere la massa critica di cui oggi gode.

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