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Questo articolo è stato pubblicato il 19 agosto 2011 alle ore 06:39.

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Mentre il Comune di Napoli deve chiedere aiuto all'Olanda per smaltire la spazzatura e uscire dall'emergenza, c'è una parte del Paese, sia pure piccola in termini demografici, che sta trasformando i rifiuti in materia prima per produrre energia. Una fonte "rinnovabile" che aiuta a risolvere anche un altro problema: quello delle discariche che nessuno, comprensibilmente, vuole vicino casa. Siamo in provincia di Cuneo, tra Langhe e Roero, dove il consorzio per il trattamento dei rifiuti Alba-Bra che raccoglie 55 Comuni compreso quello di Barolo, ha deciso di passare alla fase operativa dopo due anni di sperimentazione del "carbonverde" o Cbv, un combustibile di qualità utilizzabile nei forni delle cementerie (dopo qualche modifica) e nelle centrali elettriche. Il Cbv è ottenuto trattando con un processo innovativo quel che resta dei rifiuti solidi urbani dopo il recupero della differenziata.

«Cominciamo col chiarire una cosa: non confrontiamo le formiche con gli elefanti. E noi siamo le formiche». Gianni Ranieri, presidente del consorzio mette le mani avanti. Gli abitanti dell'area interessata non arrivano a 170mila, mentre solo Napoli ne conta circa un milione, a cui bisogna aggiungerne almeno altri due dell'hinterland. «In un'area come la nostra, dove la differenziata è intorno al 53% e punta ad arrivare al 60 entro fine anno - spiega Ranieri insieme al direttore tecnico Piero Bertolusso - un progetto del genere è più semplice rispetto ad una realtà come quella napoletana».

Questo però nulla toglie al valore dell'operazione che la comunità locale «con un mix di consenso e responsabilità» sta portando avanti insieme al gruppo Buzzi-Unicem, il secondo produttore italiano di cemento, uno dei più importanti in Europa. «Un'utopia, quella di eliminare le discariche, che è diventata una sfida» sintetizza Ranieri.

Dopo due anni di sperimentazione, nei giorni scorsi i sindaci hanno approvato all'unanimità il progetto del consiglio di amministrazione del consorzio. «Manca solo il parere dell'Autorità d'ambito e poi potremo inviare l'ordine definitivo a Buzzi - afferma Ranieri - per avviare la prima fase del progetto all'inizio del 2012 e cominciare a produrre 10mila tonnellate all'anno di combustibile. Nella seconda fase possiamo arrivare a produrne 30-35mila, ma se ne riparlerà quando si chiarirà il quadro delle autorizzazioni e saranno individuate le risorse necessarie».

L'obiettivo comunque è di completare il progetto entro 3-4 anni, giusto in tempo per quando l'unica discarica del consorzio sarà satura. «La "fase due" è a discarica-zero» assicura Ranieri. «Una svolta - aggiunge - perché la trasformazione completa dell'impianto di trattamento, consentirà di smaltire tutto l'"RSU tal quale" prodotto dai 55 comuni, senza la necessità nuove discariche».

Il primo passo è inserire nell'impianto di trattamento rifiuti il "Rocket", un mulino per la macinazione ultrafine derivato da un demolitore di elettrodomestici. La macinazione, però, è solo l'ultima fase del trattamento a cui viene sottoposto il cosiddetto "RSU tal quale" (la parte di residua di rifiuti urbani, compresa la frazione secca, dopo il recupero della differenziata). Prima della macinazione, i rifiuti vengono bio-stabilizzati, privati del cloro che danneggia il cemento e arricchiti con rifiuti speciali secchi ad alto potere calorifico. Il processo, messo a punto dalla Buzzi, produce un combustibile secco «omogeneo e costante che brucia molto meglio» sia del CDR sia del CDR di qualità (prodotti con la sola frazione secca).

"Carbonverde" è un nome senz'altro ammiccante scelto da Buzzi per dare l'idea di un carbone "pulito" ottenuto da una fonte... rinnovabile. E in parte questo è vero: usato in sostituzione del pet coke (residuo della lavorazione del petrolio) permette di ridurre le emissioni complessive di CO2, non produce diossine perché in cementeria brucia a 1400 gradi invece degli 800 dell'inceneritore e, infine, non lascia residui perché le ceneri, prodotte in quantità minima, vengono inglobate nel cemento. Quanto alle altre emissioni, «le autorizzazioni già ottenute da Buzzi confermano - assicura Ranieri - che il carbonverde ne produce meno del combustibile attuale».

Gli investimenti necessari, una decina di milioni in tutto, di cui 8 per adeguare l'impianto per la fase-due, sono di poco superiori al costo di una nuova discarica, che economicamente «resta la soluzione più vantaggiosa» ma anche quella meno praticabile dal punto di vista sociale.

E Buzzi cosa ci guadagna? Un combustibile di qualità «praticamente a costo zero» con un rendimento calorifico del 60/70% rispetto al pet coke che però costa intorno a 140 euro la tonnellata. Tanto che il gruppo cementiero è disponibile a contribuire ai costi di trasporto con una decina di euro la tonnellata. Cosa che al consorzio non dispiace affatto, visto che oggi spende 950mila euro per smaltire 10mila tonnellate in Lomellina, a più di 100 km di distanza dal cunese.

L'esperimento di Alba-Bra sta già facendo scuola in tutta la provincia Granda che conta altri tre consorzi ed è già stata premiata come realtà virtuosa nel ciclo dei rifiuti. La cementeria Buzzi-Unicem di Robilante è già autorizzata a bruciare 110mila tonnellate di CBV all'anno. Potenzialmente può smaltire quasi tutto il "tal quale" e la "frazione secca" della provincia, perciò gli altri consorzi si stanno attrezzando.

http://giuseppechiellino.blog.ilsole24ore.com

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