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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2011 alle ore 06:42.
Lo scenario dell'energia in pochi anni è cambiato. Né in meglio né in peggio: è diverso. Per esempio, la tendenza è segnata e l'era del petrolio – cominciata un secolo fa con la prima e dimenticata guerra irachena per il controllo dei pozzi della Mesopotamia nel 1916 – sembra destinata a volgere verso una fine graduale. Beninteso, non è un evento che accadrà in pochi anni; sarà un processo graduale e comunque il greggio resta indispensabile. Ma si apre l'era del metano, "the age of gas", con nuove riserve che le analisi di Massimo Orlandi, amministratore delegato della Sorgenia, stimano in circa 250 anni, generazioni e generazioni di nostri discendenti.
Il cambiamento di scenario è stato uno dei temi cadi della prima giornata dell'Italian Energy Summit, undicesima edizione dell'appuntamento del Sole 24 Ore.
E quando lo scenario dalla scala planetaria viene declinato sulla scala nazionale, sui consumatori, ecco le prime indicazioni: le prossime bollette del gas rifletteranno da fine mese gli aumenti del costo del petrolio, afferma Alberto Biancardi, uno dei commissari dell'Autorità dell'energia. Nessuna criticità invece, come ha sottolineato il presidente dell'Autorità, Guido Bortoni, è prevista per le tariffe elettriche.
I cambiamenti delle tecnologie, la riscoperta delle fonti rinnovabili di energia e nuovi paradigmi economici degli anni della crisi dicono che «la scelta del mix delle fonti energetiche deve essere non più in un ottica di competizione ma di collaborazione sinergica e deve essere definita non più a livello nazionale ma almeno su scala europea», aggiunge Bortoni.
«Nel mercato dell'energia si è passati dalla competizione tra operatori alla competizione tra fonti», fa notare il presidente dell'Authority. In questa nuova situazione «il ruolo delle istituzioni è fondamentale nella misura in cui non si sostituiscono al mercato ma operano per garantire il coordinamento e la sicurezza».
Il problema – sottolinea per esempio l'economista Carlo Maria Capè della Bip – è che nel mondo troppe istituzioni sono deboli. L'energia chiede investimenti importanti e una visione strategica, ma a Bruxelles i programmi sono semplicemente la somma dei progetti non coordinati delle diverse società energetiche. «Così marciano in parallelo i gasdotti per portare verso l'Europa il metano dell'Asia Centrale; il progetto Tap, il progetto Nabucco e l'Igi. Accolti tutti senza indicare una preferenza strategica», osserva Capè. Né l'Italia riesce a spingere a Bruxelles a favore dei due progetti (Tap e Igi) che passerebbero per la penisola, trasformandola nello snodo europeo del gas.
Un intervento per finanziare le infrastrutture energetiche da parte della Commissione europea è possibile, avverte il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia. Sul bisogno di accelerare nella creazione delle infrastrutture Saglia ha aggiunto che «il bilancio comunitario pone al centro del suo bilancio il tema delle infrastrutture e, in questo senso, anche nel decreto sulla semplificazione del Governo ci sono nuove norme per agevolare le procedure di autorizzazione. Anche se vorremmo al più presto un'armonizzazione delle procedure a livello europeo». Per quanto riguarda le nuove energie, il sottosegretario sottolinea come «entro fine anno saranno pronti due decreti rispettivamente sull'energia elettrica e su quella termica per disegnare un sistema più stabile e duraturo riguardo le rinnovabili. Su questo punto c'è bisogno di una prospettiva a medio lungo termine. Anche se la Cina è un avversario molto forte, in questo settore la nostra filiera industriale sta crescendo». Saglia ha anche proposto «di creare una scuola di formazione per l'energia. Sarebbe opportuno ragionare con tutte le compagnie energetiche e con le università per formare i giovani su questo tema ormai importantissimo».
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