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Questo articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2010 alle ore 08:05.
ROMA - Con il federalismo crescerà la leva fiscale in mano ai governatori. Oltre alla possibilità di azzerare l'Irap i presidenti di regione potranno manovrare a loro piacimento l'addizionale Irpef. Sia in basso che in alto. Nei limiti di un "tetto" che dall'odierno 0,9% (elevabile all'1,4%) potrebbe passare al 3 per cento. A prevederlo è una bozza del decreto legislativo sull'autonomia di entrata degli enti territoriali elaborata dai tecnici della Semplificazione e su cui è cominciato il confronto informale con i rappresentanti delle autonomie.
L'obiettivo dichiarato del ministro Roberto Calderoli è quello di riuscire a portare il testo in Consiglio dei ministri già la prossima settimana insieme con il dlgs sui costi standard sanitari (su cui si veda l'articolo qui sotto). Così da chiudere la partita sull'attuazione della riforma entro quattro mesi. Per farlo dovrà però superare le perplessità già manifestate dalle regioni. Il provvedimento è ancora un semi-lavorato. Lo conferma il fatto che l'unica cifra indicata è quella sul tetto massimo della futura addizionale Irpef. Che per ora è stabilito al 3% ma che è ancora suscettibile di variazioni. Nell'attribuire ai presidenti di regione la facoltà di «aumentare o diminuire l'aliquota», il dlgs fissa un paletto anche in basso: dovrà assicurare un gettito equivalente all'ammontare dei trasferimenti regionali ai comuni che lo stesso provvedimento punta a cancellare dal 2014 in poi. Più o meno 6 miliardi di euro, stando ai dati raccolti dalla commissione tecnica paritetica guidata da Luca Antonini e contenuti nella relazione depositata in parlamento il 30 giugno scorso dal responsabile dell'Economia, Giulio Tremonti.
Mani più ampie, almeno in teoria, le avranno nella gestione dell'Irap. Al posto della deducibilità dall'Ires del costo del lavoro e degli interessi passivi relativi alla quota Irap, prevista in una bozza precedente, il testo contempla ora la possibilità di ridurre fino ad azzerare, con legge regionale, l'aliquota dell'imposta sulle attività produttive (che oggi è del 3,9% variabile in su o in giù dello 0,92%).
Completa il paniere a disposizione dei governatori per finanziare i livelli essenziali delle prestazioni (a costi standard) nelle loro funzioni fondamentali una compartecipazione Iva, che dal 44,7% attuale dovrebbe scendere al 25-30%, e una quota fissa del gettito Irpef per ognuno dei cinque scaglioni d'imposta, su cui potranno essere introdotte delle detrazioni a favore dei nuclei familiari. Anche in questo caso la bozza non indica il quantum. Ma specifica che la parte destinata allo stato andrà ridotta «in modo corrispondente» alla quota destinata alle regioni. Se, per ipotesi, la scelta cadesse sul 10%, la quota statale sullo scaglione più basso (23%) passerebbe al 13 per cento.