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Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2011 alle ore 06:37.
La corsa al rialzo del lingotto non si ferma. I prezzi auriferi continuano la loro marcia abbattendo ogni giorno un nuovo record, tanto che tra i trader e gli analisti è diffusa la convinzione che presto possa essere raggiunta l'asticella dei 1.700 dollari l'oncia. Cosa successa oggi. E poi, ricordano gli ottimisti che non credono al rischio bolla, l'oro è ben lontano dalle valutazioni del 1980 quando un'oncia d'oro, depurata per l'inflazione, valeva circa 2.480 dollari.
Dunque finchè c'è aria di crisi, è la tesi, per l'oro c'è spazio per crescere.
Ma come si può cavalcare questo rally? Per il piccolo risparmiatore investire sull'oro significa o comprarlo fisicamente o affidarsi strumenti quotati, come gli Etc, che non fanno altro che accantonare oro fisico al posto dell'investitore stesso.
L'acquisto diretto del metallo prezioso può essere sensato per la semplicità operativa. Monete da investimento come Sterline, Krugerrand e Marenghi, o i semplici lingotti, non hanno costi di manifattura e il loro acquisto è esente da Iva. Le Sterline britanniche, in particolare, essendo le più diffuse al mondo, con oltre un miliardo di pezzi in circolazione, non hanno particolari problemi di liquidabilità. Alle quotazioni attuali medie, il costo è pari a 279 euro al pezzo (in acquisto) e 250 in fase di rivendita. L'ulteriore vantaggio delle monete rispetto ai lingotti è che il loro valore unitario tipicamente è più basso del lingotto (un lingotto da mille grammi vale circa 36mila euro).
Quando invece si vuole rivendere l'oro fisico vale la pena ricordare alcune regole base. Primo: non tutto l'oro è uguale. La valutazione attuale (circa 33 euro al grammo) è riconosciuta al metallo puro, il cosiddetto 24 carati. La caratura tipica della gioielleria è invece di 18 carati (oggi pari a 24 euro/grammo circa), quindi il valore medio dell'oro al grammo in acquisto è inferiore di circa il 25% rispetto al fixing ufficiale. Nel caso dei monili, invece, non va dimenticato che sul loro prezzo pesa il costo della manifattura (e del marchio), che infatti ne aumenta il valore finale rispetto a quello dell'oro in esso contenuto. Quando si vendono dunque anelli o catenine al banco-metalli, questa differenza di prezzo può anche non essere riconosciuta, visto che il loro compito è di fondere ed estrarre l'oro fino. Attenzione poi allo spread denaro/lettera, ovvero la differenza tra il prezzo di acquisto e di vendita. I valori dell'oro al fixing (ovvero alla quotazione di Londra, il riferimento mondiale) si riferiscono al prezzo del metallo in vendita. Quando il banco metalli riacquista il metallo, lo spread, che di norma non dovrebbe superare il 5% del valore reale, può essere sensibilmente superiore. Con una netta perdita per il piccolo risparmiatore che cerca di capitalizzare i guadagni. Vale dunque la pena confrontare più offerte e non fermarsi al primo compro-oro incontrato.
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