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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2012 alle ore 09:41.

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Questa cerimonia ha reso tardo e parziale merito a tutto quanto è Gran Bretagna senza essere solo Londra. Scampoli di ricordi, pezzi di immagini, nomi britannici e non londinesi, hanno riaffermato, per contrasto, la straordinaria centralità nell'esistenza di una nazione dell'unica megalopoli d'Europa. Una città-stato che si stacca dal resto del Paese, alieno alle dinamiche della capitale. Parigi e poi il deserto si diceva un secolo fa. Londra e poi il niente? «Mi domanda a che punto è la percezione di arroganza che la capitale trasmette al resto del Paese? Mi limito a riconoscere - nota Ben Rogers del think tank Centre for London - che in aree del Regno, nei commenti di tanti deputati, c'è crescente animosità per una metropoli globale che ha ridefinito la cultura britannica storicamente associata alla campagna. Scetticismo verso una realtà urbana indicata come iniziatrice della crisi, ma che non soffre realmente la crisi».

Già, la crisi. È cominciato tutto qui, ma le piaghe sul volto sfigurato del Nord depresso del Paese, sono appena accennate nel Sud Est londinese. Una città che ha un'economia grande come l'Austria, che si espande a dispetto delle dinamiche demografiche di decine di migliaia di persone all'anno lanciata com'è verso i 9 milioni di abitanti, si prevede abbia anche imparato a sfidare la forza di gravità. Cresce, mentre tutti si restringono. Nella notte Standard&Poor's conferma la tripla A alla Gran Bretagna mantenendo l'outlook stabile. Una buona notizia. Londra ha un'economia capace di produrre il 22% in termini di Gva (gross value added) del Paese e promette di aggiungere un rotondo 1 e più per cento alla propria ricchezza, anche quest'anno quando la nazione soccombe alla recessione. Ha una capacità produttiva un terzo più elevata dell'Inghilterra e anche per questo è, secondo Ernest & Young, saldamente in testa in Europa in termini di progetti finanziati da investimenti esteri diretti. Se la catena degli eventi ha un senso, anche per questo motivo, il pil pro capite dei londinesi che risiedono nel rettangolo del centro è un multiplo (più di tre volte) di quello medio dell'Unione.

Ricca, ricchissima capace com'è di attrarre oggi cinesi e brasiliani, russi e indiani come fu magnete per gli arabi negli anni Settanta. In epoca di boom o in epoca di crisi. Il real estate londinese è in costante crescita sotto la spinta di compratori in fuga dall'euro come prima lo fu grazie alla diversificazione da rublo, yuan e rupia. «La città più grande del mondo» va urlando il sindaco Boris Johnson che la ama visceralmente e anche per questo la usa con cura, palestra attrezzatissima per l'ascesa politica. D'altra parte, Downing street è, notoriamente, a Londra.

È su tanta opulenza che ricadrà la grande quota del premio economico delle Olimpiadi se è vero che la capitale britannica aggiungerà 3 miliardi di sterline all'anno per i prossimi quattro anni alla propria economia grazie al combinato disposto dei Giochi, secondo le stime di Tony Travers di London school of economics. Soldi per estendersi in un'urbanizzazione che aggiunge alla mappa nuovi distretti. Si chiamerà E20 quello cavato dai rottami industriali dell'area di Stratford dove sorge il Parco Olimpico.

Fino a ieri quel postal code era una finzione televisiva, l'immaginario codice di avviamento postale di EastEnders, la serie tv che si protrae da un trentennio. La torcia olimpica ha fatto della fiction una realtà e l'ha anche illuminata, passando, come ha fatto, per le vie neglette di questa periferia. L'hanno portata gli attori della soap opera più celebre d'Inghilterra, divenuta metafora della scommessa che verrà. Il West end è ormai al massimo della capacità, le Olimpiadi suonano l'ora dell'East end e anche le trombe con il mitico I'm forever blowing bubble inno del West Ham United, squadra simbolo del mondo che parla cockney, che abbiamo ascoltato ieri. I Giochi cominciano, Valentina Vezzali sventola il nostro tricolore sotto gli occhi orgogliosi del presidente Napoletano, poco prima di incrociare le lame per le quinte olimpiadi di fila. E Londra raddoppia.

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