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Questo articolo è stato pubblicato il 11 agosto 2012 alle ore 09:51.
Un sconfitta, pesante, amara e dolorosa, eppure bellissima, perché quando si perde contro uno squadrone di stelle non resta altro da fare che raccogliere l'orgoglio e applaudire gli avversari. L'Italia della pallavolo non ce l'ha fatta a superare il Brasile, assoluto protagonista degli ultimi anni in tutte le grandi manifestazioni internazionali. 3 set a 0, gara senza storia, con gli azzurri che hanno fatto il possibile e pure di più per mettere in difficoltà gli uomini in giallo, ma senza trovare la chiave per arginare la loro potenza devastante in battuta. Tutto inutile, i brasiliani hanno messo in campo una superiorità a tratti schiacciante.
Un muro da favola e una ricezione che non lasciava passare nemmeno uno spillo, sempre pronta, puntuale, precisa a chiudere gli spazi dell'Italia e a ripartire di slancio, con un impeto e una determinazione da fare paura. Il Brasile ha costruito il successo che vale la terza finale consecutiva alle Olimpiadi con il talento e la classe dei suoi giocatori più rappresentativi. Tra loro, meritano una nota a parte Sergio, il libero della squadra carioca, una diga insuperabile, qualità infinite e tanta esperienza, e Murilo, schiacciasassi dal braccio di fuoco, incontenibile, un killer a due passi dalla rete.
Per l'Italia è la fine di un sogno che aveva preso forma e sostanza dopo la bellissima vittoria nei quarti di finale contro gli Stati Uniti medaglia d'oro in carica. Domani i ragazzi del ct Berruto incontreranno la Bulgaria per conquistare l'accesso al gradino più basso del podio. Nessun rimpianto, nessuna polemica: molto probabilmente non poteva andare diversamente contro un Brasile così forte.
E mentre gli azzurri della pallavolo venivano affondati dalla corazzata brasiliana, gli altri azzurri, quelli della pallanuoto, regalavano all'Italia una gioia grandissima battendo in semifinale i serbi e strappando il tagliando che vale il passaggio alla gara più attesa dagli appassionati di casa nostra. Sì, perché in finale capitan Tempesti e compagni dovranno vedersela con una vecchia conoscenza della pallanuoto tricolore, quel Ratko Rudic che ha preso per mano l'Italia nel 1991 e l'ha accompagnata tra i grandissimi di sempre.
Oro olimpico a Barcellona nel '92, bronzo ad Atlanta '96, oro ai mondiali del '94, oro alla Coppa del Mondo del '93, per dieci anni Rudic ha dettato con gli azzurri le regole dello sport della calotta. Ogni volta che l'Italia scendeva in vasca, era una festa. Anche perché si vinceva spesso e volentieri. Poi, il fattaccio ai Giochi di Sidney. Una rissa al termine della gara con l'Ungheria e la triste fine del rapporto con i colori che aveva difeso con successo in giro per il mondo. Dopo una parentesi così così alla guida degli Stati Uniti, il tecnico delle meraviglie è tornato nel suo Paese, la Croazia, che ora con lui al comando vuole salire sul tetto del mondo alle Olimpiadi per la prima volta nella sua storia. La corsa all'oro inizia domani alle 15,50. L'Italia del Settebello gioca anche contro il suo passato.
Nella giornata degli sport di squadra, si è ritagliato uno spazio di tutto rispetto la boxe azzurra, che poteva contare su tre atleti che si giocavano a suon di pugni l'accesso alla finalissima. Il favorito numero 1, anche a giudizio di sua maestà del guantone Nino Benvenuti era Vincenzo Mangiacapre, che però si è dovuto arrendere alla maggiore brillantezza del cubano Sotolongo. "Nessun problema, sarò oro a Rio", ha assicurato il pugile di Marcianise a fine incontro. Bene, benissimo è invece andata ai due marcantoni della boxe italiana, puro acciaio e tanta grinta, Clemente Russo (massimi) e Roberto Cammarelle (supermassimi), che hanno battuto i due rivali dell'Azerbaigian (vera sorpresa del torneo e, più in generale, del medagliere) e ora daranno tutto per portare a casa la medaglia che vale quattro anni di allenamenti senza fine e di speranze riposte in un cassetto. Come a Pechino 2008, Russo e Cammarelle hanno vinto la loro personalissima sfida contro il tempo e contro gli acciacchi fisici che lungo il percorso ne hanno minato la solidità psicologica. La boxe made in Italy è un'officina colma di campioni. Anche se il professionismo continua a essere un'altra storia.
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