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Questo articolo è stato pubblicato il 19 maggio 2010 alle ore 12:13.

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Bolla fotovoltaica italiana? Le cifre, in effetti, sono diventate piuttosto grosse. Al SolarExpo, chiusosi a Verona venerdì scorso, quasi 70mila visitatori hanno fatto giare, nei suoi tre giorni, i tornelli della Fiera. Il 9% in più sull'anno scorso, per un'industria, quella delle rinnovabili nel suo complesso, che oggi fattura circa cinque miliardi di euro, muove oltre 400 medie imprese (e alcune migliaia di piccoli istallatori) nel fotovoltaico, nel solare termico, nelle soluzioni edilizie a risparmio energetico, nell'eolico (e ormai mini-eolico), nell'efficienza degli impianti e nelle biomasse.

Non poco, secondo l'analisi condivisa da noti esperti, in primis Luca Zingale, direttore scientifico del SolarExpo e Arturo Lorenzoni, docente alla Bocconi e fondatore di Galileia, la startup padovana che ha di fatto organizzato il club degli innovatori 4R4, una ventina di startup che testimoniano della vivacità di questa frontiera, anche in Italia.
Il Gse (il Gestore elettrico, responsabile dell'erogazione degli incentivi al fotovoltaico) ha presentato la bozza (ampiamente conosciuta) del secondo conto energia che – stando alle ipotesi – dovrebbe ridurre la tariffa incentivata del conto energia, dal 2011 in avanti, in un range che va dal 6% per gli impianti integrati nelle costruzioni fino al 25% in meno per i grandi campi fotovoltaici.

A 36 centesimi medi per chilowattora garantiti per vent'anni, e per contro un crollo dei prezzi dei pannelli fotovoltaici stimato negli ultimi dodici mesi al 34%, oggi il mercato solare italiano è uno dei più appetibili del mondo. Di qui un SolarExpo affollato da tutti i nomi, grandi e anche medi fotovoltaici cinesi, tedeschi, Usa e persino spagnoli. Di qui un mercato con tassi di crescita record (il Gse prevede 1,5 gigawatt di picco istallati nei prossimi dodici mesi, più di tutto quanto si è fatto in Italia dalla nascita delle celle solari a oggi) e anche nel solare termico, grazie alla detrazione di imposta del 55%, oggi quello italiano è divenuto il secondo mercato d'Europa, dopo quello tedesco (ma, a differenza del primo con una ben più robusta presenza industriale nazionale). Tutto si gonfierà con i tagli alle tariffe incentivate del nuovo round del conto energia. Qualcuno lo teme ma la gran maggioranza degli esperti appare abbastanza tranquilla: «La discesa dei prezzi e l'aumento di efficienza dei sistemi fotovoltaici è tale che anche un taglio quale quello previsto nella bozza non fermerà la crescita di un settore, quello delle energie rinnovabili, che sta raggiungendo i 5 miliardi di euro – osserva Zingale – ed è del tutto anticiclico».

Ora è il momento non solo del fotovoltaico tradizionale, bancabile. Ma dell'innovazione al contorno, negli inverter, nei sistemi di controllo, negli inseguitori e nei pannelli fotovoltaici a concentrazione, che verranno inclusi nei nuovi incentivi. Aree dove l'industria italiana è attiva, mentre pare aver perso la battaglia nei prodotti più energivori o a grande scala (polisilicon, celle in silicio tradizionali). E poi il termico, dove comincia (ma solo per grandi istallazioni) il passaggio al solar cooling, all'integrazione con le pompe di calore di geoscambio, al combinato fotovoltaico-calore. E qui un ripensamento della defiscalizzazione al 55% (limitata ai soli collettori solari di calore) viene richiesta da più parti.

Ma non è tutto rose e fiori in questo settore in crescita via incentivi. Le barriere burocratiche (e spesso di autentica corruzione su base locale) tuttora pesano sullo sviluppo del mercato, con Regioni che hanno emesso normative a macchie di leopardo e spesso dispongono di staff tecnici del tutto inadeguati. In estate, insieme al decreto definitivo sul nuovo conto energia, dovrebbero finalmente arrivare le tanto sospirate linee guida sulle autorizzazioni agli impianti fotovoltaici e rinnovabili, improntate allo snellimento delle procedure, a un'uniformità nazionale, e a una minore discrezionalità a livello locale o comunale. Per l'Aper, che vi ha condotto una specifica indagine, il costo sommerso della burocrazia (e altro) può arrivare al milione di euro per megawattora per vent'anni. Il vero tallone d'Achille di una partita industriale, e non bolla, nel suo complesso positiva.
Il club che riunisce le start-up di prodotto

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