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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2010 alle ore 09:08.
L'ultima modifica è del 17 giugno 2010 alle ore 19:03.
Nei prossimi quindici anni l'Arabia saudita investirà oltre 53 miliardi di dollari in progetti legati all'approvvigionamento idrico. È quanto rende noto la Società nazionale saudita per l'acqua, annunciando la firma di un accordo con il dipartimento Big green innovations del gigante dell'information technology Ibm per la realizzazione di un impianto di desalinizzazione alimentato con energia solare, il primo del regno. A realizzare la nuova struttura, in collaborazione con Ibm, sarà la Città della scienza e della tecnologia Re Abdulaziz (Kacst), il principale istituto per la ricerca e lo sviluppo di tutto il regno saudita, nella città di Al Khafji, nel nord-est del paese.
A regime, l'impianto, alimentato da tecnologia fotovoltaica, fornirà 30mila metri cubi d'acqua al giorno a più di 100mila persone. Già ad oggi l'Arabia saudita è il maggiore produttore di acqua desalinizzata al mondo, ottenuta in massima parte attraverso tecnologia termale e osmosi inversa, per un costo di circa un dollaro e mezzo a metro cubo. Ma il fabbisogno idrico cresce senza sosta e la desalinizzazione pesa sul bilancio nazionale, soprattutto in termini energetici.
Di dare fondo alle riserve di petrolio neanche a parlarne, ma le necessità energetiche del regno crescono al ritmo dell'8% annuo. Per questo, i sauditi esplorano tutte le possibilità offerte dalla tecnologia, alla ricerca di acqua ed energia: scavi per l'individuazione di falde freatiche ancora sconosciute, come già fatto in passato da Libia (il Grande fiume libico) ed Egitto (il progetto Toshka, mai andato in porto); potabilizzazione delle acque reflue, strada intrapresa, nella medesima area geografica afflitta da siccità cronica, da Israele; e infine nucleare civile.
Nelle intenzioni governative, il riciclo delle acque reflue, meno caro della desalinizzazione, dovrebbe permettere di servire di "oro blu" il 60% della popolazione saudita nel prossimo biennio, grazie a progetti congiunti fra stato e settore privato. Quanto al restante 40%, lontano dai grandi centri urbani, sarà rifornito attraverso progetti a cura di enti governativi. Così, anche se destinata a pesare sempre meno nell'apporto idrico saudita, la desalinizzazione rimane un piatto appetitoso per le società di tutto il mondo, come intuito dalle giapponesi Toyobo e Itochu, aggiudicatesi la realizzazione di un impianto per l'osmosi inversa a 150 km a nord di Jeddah. L'investimento sarà di 350 milioni di dollari, con inizio dei lavori nella primavera del 2011.
Quanto al nucleare, preso atto che, nei prossimi dieci anni, il fabbisogno energetico crescerà fino a superare i 67mila megawatt, il governo ha dato il via libera a un centro di ricerca per nucleare civile ed energie rinnovabili che entrerà in funzione nel 2017. Da non dimenticare, in proposito, le dichiarazioni del ministero dell'Economia francese, risalenti alla fine del 2009, relative a un imminente accordo con Riyad in materia di nucleare civile. L'intesa non sarebbe la prima per Parigi nell'area mediorientale, dopo quelle finalizzate con Giordania e Kuwait. Per ora, tuttavia, sembra essere arrivato primo un consorzio sudcoreano, che costruirà sul suolo saudita quattro reattori, per un budget di 40 miliardi di dollari.
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