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Questo articolo è stato pubblicato il 03 maggio 2010 alle ore 09:08.
L'ultima modifica è del 17 giugno 2010 alle ore 19:02.
Verdi, ma al verde. Inutile illudersi: la corsa ai green jobs, i posti di lavoro creati dall'energia rinnovabile, ci costerà davvero cara. Sette volte più cara di quello che i sussidi pubblici possono produrre nel resto dell'industria, cinque volte di più di quel che serve a oliare un nuovo posto di lavoro nell'economia in generale.
Frenare la corsa? Chiudere almeno un po' il rubinetto degli incentivi "verdi"? «Per carità. Non vogliamo dire questo. Il nostro è semmai un contributo analitico per capire, far capire, l'onerosissimo sforzo che il nostro paese sta facendo per assolvere ai suoi obblighi nazionali e internazionali rispetto alle energie rinnovabili», risponde Carlo Stagnaro, stratega dell'Istituto Bruno Leoni, coautore con Luciano Lavecchia di un paper dal titolo un po' provocatorio (Are green jobs real jobs? The case of Italy) che sarà presentato lunedì in un convegno a Milano.
I sussidi Cip6 che dal 1992 trainano le centrali elettriche verdi (ma anche un mucchio di "assimilate" che di ecologico non hanno proprio nulla). E poi il meccanismo del conto energia, che strapaga gli elettroni solari. E ancora: i certificati verdi, sempre pagati con un'addizionale su tutte le bollette. Un fiume di soldi per un rigagnolo di posti di lavoro. Ottenuti attraverso un sussidio netto, calcolato come differenza tra i denari tirati fuori dalla collettività e il valore di mercato dell'energia così prodotta, che nel 2008 solo per il Cip6 ammontava a 2,3 miliardi di euro, di cui appena 0,95 dedicati peraltro alle rinnovabili "autentiche" (il 41% del sussidio totale). A cui si sommano, sempre per il 2008, almeno 100-120 milioni dedicati al conto energia e i 400 milioni dei certificati verdi. Il tutto per compensare i maggiori costi di produzione dell'energia verde con prezzi di "ritiro" triplicati rispetto al valore medio dell'energia, con punte di sei volte per il fotovoltaico.
Posti di lavoro creati nel 2008? Tra 5.700 e 15mila (a seconda delle stime che circolano) nel fotovoltaico, tra 17mila e 28mila nell'eolico. Al costo unitario, in termini di puro sussidio, valutabile dai 19.500 ai 55mila euro nell'eolico e tra 7.500 e poco meno di 20mila euro nel solare.
Cosa succederà di questo passo da qui al 2020? Se consideriamo gli obiettivi tendenziali (assai ambiziosi) il semplice mantenimento nel tempo degli attuali sussidi produce comunque una simulazione piuttosto attendibile se non altro nelle proporzioni tra i posti creati e il sussidio da dedicare all'operazione.
Ecco dunque che al 2020 potrebbero essere creati da 24mila e 45mila posti di lavoro nell'eolico e tra 27mila e 46mila nel fotovoltaico, con sussidi cumulati al 2035-2040 (quando scadranno le "code" degli stanziamenti nel frattempo garantiti) di circa 31 miliardi di euro nell'eolico e 33 nel fotovoltaico. Ne risulta che per ogni posto di lavoro creato saranno state mobilitate risorse tra 500mila euro e 1,3 milioni nell'eolico, e tra 700mila euro e 1,2 milioni nel fotovoltaico, pari in media a circa cinque e sette volte lo stock di capitale medio per lavoratore nell'economia in generale e nel settore industriale. Un'operazione decisamente ciclopica.
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