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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2010 alle ore 12:10.
Celle solari flessibili, semitrasparenti, colorate. Adatte all'integrazione con borse da viaggio, caricabatterie per cellulari, facciate delle abitazioni. Sono applicazioni basate sui composti del carbonio. Sfidano il silicio utilizzato nei pannelli fotovoltaici sul mercato. E la scommessa parte dai laboratori universitari. Anche italiani.
A Lecce un gruppo di venti ricercatori studia l'evoluzione dei materiali per la fabbricazione di celle Dssc («dye sensitized solar cell», sensibilizzate a colorante): a catturare la radiazione solare è una tintura organica o metallorganica. A differenza dei moduli in silicio, inoltre, i costi di produzione e di utilizzo su larga scala sono ridotti: vengono costruite con tecniche serigrafiche, simili alla stampa.
È una rivoluzione negli impianti e nell'indotto. L'obiettivo di lungo periodo per il gruppo leccese è di sviluppare la "building integration". Le pareti degli edifici e i vetri diventano pannelli solari grazie all'integrazione con le celle Dssc: sono semitrasparenti e adattabili alle esigenze di design. Contribuiscono alla produzione di energia elettrica nelle abitazioni. Inoltre, rispetto ai moduli in silicio, funzionano anche con il cielo nuvoloso (in condizione di luce diffusa) e su pareti verticali (mentre gli impianti fotovoltaici in commercio hanno bisogno di un preciso angolo di inclinazione).
È un progetto sviluppato in collaborazione con la Daunia Solar Cell, una società del gruppo riminese Tozzi impegnata nel solare di terza generazione. A guidare il progetto è Giuseppe Gigli, coordinatore della divisione Organici del Laboratorio nazionale di nanotecnologie del l'Infn-Cnr, in collaborazione con l'Istituto italiano di tecnologia (Iit) e l'Università del Salento. Sono attività finanziate con fondi europei, regionali e industriali.
Ma dall'accademia laboratorio il processo di produzione deve passare su scala industriale: è uno dei principali obiettivi del Polo Chose (Center for hybrid and organic solar energy) dell'Università Tor Vergata di Roma. È un team di ricerca multidisciplinare: riunisce fisici, ingegneri elettronici, chimici. La prospettiva di impresa è strettamente legata all'attività di ricerca attraverso due società spin-off: Dyers e Intelligentia.
«Abbiamo in corso le procedure per la proposta di tre brevetti», osserva Thomas Brown, professore associato al dipartimento di Ingegneria elettronica di Tor Vergata. La frontiera del fotovoltaico organico riunisce diversi team sul territorio italiano. Che, insieme, hanno presentato da poco un progetto per il Pon (Programma operativo nazionale): l'obiettivo è di unire le caratteristiche dei gruppi di ricerca per alimentare un impegno nazionale sulle tecnologie di terza generazione. «In Italia il fotovoltaico basato sul silicio è limitato all'installazione e l'assemblaggio. Eppure negli anni Settanta e Ottanta eravamo all'avanguardia. Con il solare di terza generazione possiamo rientrare sul mercato e coinvolgere piccole e medie imprese», sottolinea Gigli.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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