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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2010 alle ore 18:44.

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«Le energie rinnovabili? Sono il futuro, senza dubbio, ma per sfruttare bene le loro potenzialità negli anni a venire conviene programmare il loro impiego meglio di come si fa in Italia di questi tempi, puntando sull'offerta, favorendo la nascita di un'industria specializzata nelle energie pulite, e non soltanto spingendo la domanda come stiamo facendo con la politica degli incentivi», spiega Marzio Bellacci, già giornalista di Epoca e del Sole24Ore, poi dal 1995 al 2000 responsabile dei rapporti con la stampa di Eni, che da pochi giorni è in libreria con il pamphlet «Italia a lume di candela», pubblicato da l'Asino d'oro edizioni.

Nel suo libro Bellacci, che oggi cura il blog "Energia: un bla bla all'italiana", mette in luce le incoerenze, i ritardi, le partenze precipitose e gli arresti spesso illogici che, a partire dal dopoguerra, si sono avuti nelle politiche energetiche italiane, facendo salire i prezzi delle nostre bollette del 40% rispetto alla media europea e rendendo il paese assai dipendente dall'estero in tema di energia. «Gli incentivi con cui si sta finanziando la crescita delle rinnovabili italiane in questo momento vanno ad arricchire le imprese straniere da cui stiamo acquistando i pannelli fotovoltaici e le pale eoliche. Tutto questo avviene perchè non abbiamo più un'industria attiva nel settore, perchè le fabbriche italiane che producevano impianti e tecnologie rinnovabili, come Italian Wind Technology di Finmeccanica o Eurosolar di Eni, sono state cedute. Ben diversa, invece, è la strategia di paesi come la Germania, la Spagna o la Danimarca, che oggi sono leader nella produzione di rinnovabili», precisa Bellacci.

Il nucleare italiano: stop e ripartenza
«Anche la scelta dell'attuale maggioranza di puntare nuovamente sul nucleare merita una riflessione e per certi versi, influenzata dall'improvvisa crescita dei prezzi petroliferi del 2008, sembra arrivare senza un'analisi puntuale di tutti gli aspetti in gioco, dei costi e dei possibili benefici. Inizialmente il governo ha detto che entro il 2018 avremo quattro centrali basate sull'atomo. Per poi rettificare in corsa e riconoscere che per garantire una quota di megawatt adeguata servono almeno 9 o 12 centrali per una spesa che di qui al 2030 dovrebbe oscillare tra i 50 e i 75 miliardi di euro. Inoltre, resta da risolvere il problema dello smaltimento delle scorie radioattive, che tuttora mandiamo in Francia, ovviamente pagando i cugini d'oltralpe per la cortesia.

E, ancora, prima di annunciare le centrali sarebbe stato opportuno concordare con Regioni e Comuni i luoghi dove realizzarle. Ma non sembra che questo sia stato fatto se, nel febbraio scorso, a una settimana dall'indicazione dei cinque siti candidati ad ospitare i futuri impianti, diverse amministrazioni, anche tra quelle governate dalla maggioranza, hanno fatto a gara a tirarsi fuori dal piano sul nucleare». Bellacci nel suo saggio ripercorre tutta la storia del nucleare italiano a partire dalla creazione nel 1956, su decisione di Enrico Mattei, di Agip Nucleare fino allo stop, giunto nel 1987 in seguito al referendum e alla reazione emotiva suscitata dall'incidente di Cernobyl.

«Forse pochi sanno che nel 1964 dalle centrali italiane arrivava l'11% di tutta l'energia nucleare disponibile allora e che questo poneva l'Italia al terzo posto al mondo, dopo Stati Uniti e Gran Bretagna, tra i produttori di elettricità attraverso l'atomo. Dietro di noi c'era l'Unione Sovietica, mentre Francia, Germania e Giappone muovevano i primi passi. Il referendum del 1987 ha, fino ad oggi, bloccato il nucleare italiano, anche in questo caso con costi enormi, che poi hanno contribuito non poco ad appesantire bollette elettriche. Alcuni esperti hanno calcolato che il no all'atomo abbia determinato per l'Italia oneri complessivi pari a circa 100 miliardi di euro».

«L'Italia è completamente o quasi dipendente dall'estero per l'approvvigionamento di fonti energetiche. Basta un braccio di ferro tra Mosca e Kiev o un inverno particolarmente freddo o anche una bufera che stronchi un abete facendolo cadere su una linea ad alta tensione che collega la Svizzera e l'Italia per lasciarci "a lume di candela". - scrive l'astrofisica Margherita Hack nella prefazione al libro di Bellacci – Le conclusioni sul nostro futuro energetico e sulla possibilità di realizzare i piani dell'Unione Europea entro il 2020 sono molto pessimistiche. Infatti entro il 2020 dovremo coprire il 20% del fabbisogno energetico con le energie rinnovabili, migliorare l'efficienza del 20% e tagliare del 20% le emissioni di anidride carbonica. Un'analisi seria delle nostre potenzialità ci dice che saremo costretti a importare energia nucleare da tutti i paesi confinanti, energia eolica da Germania e Danimarca e biocarburanti da vari paesi". E ancora: «C'è bisogno di ricerca per sviluppare le nuove tecnologie (per le rinnovabili) che stanno dando frutti in Germania, Danimarca e Spagna, mentre l'Italia si è mossa con grande ritardo».

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