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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2010 alle ore 07:50.
ROMA - Numeri alla mano, l'efficienza energetica esce dai tecnicismi di rito e diventa opportunità di crescita per il paese. È un rapporto presentato da Confindustria a stimare i possibili vantaggi per il sistema economico che deriverebbero da una decisa sterzata verso il consumo "intelligente". Il punto di partenza è il piano straordinario per l'efficienza energetica previsto dalla legge sviluppo: l'impatto, nel periodo compreso tra il 2010 ed il 2020, sarebbe di 130 miliardi di euro di aumento della domanda e di 1,6 milioni in termini di unità di lavoro standard. L'aumento della produzione industriale di circa 238 miliardi.
Le proiezioni sono state elaborate dal gruppo di lavoro avviato in Confindustria nel 2006, lo stesso che ha prodotto le proposte condivise dal ministero dello Sviluppo economico nel presentare i primi obiettivi nazionali alla Commissione europea. Ora si passa all'implementazione del piano straordinario e le analisi degli esperti vanno più a fondo come testimonia la ricerca presentata ieri da Agostino Conte, Massimo Beccarello e Alessandro Clerici (in Confindustria, rispettivamente, vicepresidente comitato tecnico energia e mercato; responsabile energia e coordinatore task force efficienza energetica).
Alla moda imperante delle fonti rinnovabili, lentamente si affianca, all'attenzione generale, l'altro strumento chiave per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale indicati dalla Ue. «L'efficienza energetica – osserva Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, a conclusione del convegno – può essere uno strumento ancor più efficace rispetto alle rinnovabili, ed è soprattutto un volano per la crescita, un'opportunità per diversi settori della nostra industria manifatturiera. Già oggi in quest'area operano 400mila aziende e sono occupate oltre 3 milioni di persone». Di qui la richiesta di cambiare passo, di passare da «un approccio congiunturale a una policy strutturale». Significa, continua Marcegaglia, agire su tre leve: «Un quadro normativo certo e stabile nel tempo; una politica che da un lato incentivi la produzione di tecnologie e beni ad alta efficienza e dall'altro promuova i consumi virtuosi; una valutazione del posizionamento strategico della nostra industria manifatturiera che in questo campo potrà crescere anche nei mercati emergenti».
Per farne un tema davvero strategico occorrerà ovviamente anche aspettare le mosse del prossimo ministro dello Sviluppo economico. Ieri il dicastero di via Veneto era rappresentato dal sottosegretario Stefano Saglia che invita all'ottimismo: «Sono convinto che – commenta – ottenuta la fiducia alla Camera la prossima settimana, la politica industriale troverà spazio nel programma del governo e un capitolo importante potrà essere riservato proprio all'efficienza energetica».
Gli esperti di Confindustria non nascondono i costi che un piano ambizioso porta con sé, ma confidano nel saldo attivo che deriverà dai grandi risparmi ambientali e da quelli in bolletta. Partiamo dalle voci positive: tra il 2010 e il 2020 si potrebbe ottenere un risparmio di energia fossile di oltre 86 milioni di tep, con conseguente riduzione di emissioni di Co2 per 207 milioni di tonnellate e risparmio economico di oltre 5,1 miliardi di euro. L'energia risparmiata si tradurrebbe invece in un "taglio" della bolletta di 25,6 miliardi. Sull'altro piatto della bilancia va invece considerato il costo delle incentivazioni che lo Stato dovrebbe onorare per promuovere l'efficienza energetica e che, considerando le coperture derivanti dal maggior gettito di imposte, si attesterebbe intorno a 16,6 miliardi. A conti fatti, comunque, si arriva a un guadagno netto per il paese stimato in circa 14 miliardi di euro. L'indagine di Confindustria va oltre e analizza i possibili benefici nei singoli settori industriali. L'impatto in termini di produzione sarebbe più favorevole per i trasporti (+43 miliardi) mentre l'edilizia sarebbe il settore più avvantaggiato per l'occupazione (+407mila unità di lavoro annue). Diversi, comunque, i comparti produttivi che sperano nel volano dell'efficienza energetica: illuminazione, elettrodomestici, pompe di calore, caldaie a condensazione, cogenerazione, motori elettrici.
È pur certo – rileva Marcegaglia – che «l'efficienza energetica, da sola, non basta: è necessario un piano complessivo di politica energetica serio e di medio termine che comprenda anche il nucleare e le fonti rinnovabili. Tutti devono avere chiaro che non è più il tempo dei rinvii ma quello delle scelte».
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