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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2010 alle ore 13:30.

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Non c'è bolla verde nel listinoNon c'è bolla verde nel listino

Da sempre Piazza Affari ha voglia di novità, ma l'appetito è diventato fame con l'attuale difficoltà di ricondurre il risparmio verso il listino in una situazione non stabilizzata. Tanta fame di nuovi temi di investimento rischia però di portare a "divorare" acriticamente ogni proposta e spingere troppo velocemente qualche quotazione. Le inevitabili delusioni alimentano un circolo vizioso che finisce con il penalizzare le offerte di qualità.
Tra le più affascinanti storie di borsa c'è quella dell'energia rinnovabile, che raccoglie molte speranze e sempre più denaro, non solo in Italia.

Tuttavia, come già avvenuto in altri casi, nella corsa di questo settore è arduo distinguere il contributo di diverse componenti: lo sviluppo della tecnologia, l'allargamento del mercato, l'effetto delle politiche pubbliche di incentivazione, la semplice moda.

Ciò contribuisce a rendere attuale la domanda circa l'effettiva esistenza di una bolla in un comparto fino a ieri caratterizzato da dimensioni contenute (ma le cose sono cambiate dopo la quotazione di Enel Green Power) e tassi di crescita elevati. Un'occhiata a quello che sta succedendo nel più vasto comparto dell'energia - in Italia e in Europa - fornisce indicazioni interessanti. I grafici che illustrano l'articolo mostrano l'andamento del settore energia in Europa e in Italia in un intervallo di tempo di circa 16 mesi. Restringendo lo sguardo al 2010, si nota che l'indice Stoxx Oil & Gas ha perso il 2,9%, mentre la frenata dell'Ftse Italia Oil & Gas è stata più pronunciata (-4,3%). Per completare il quadro, sulla stessa distanza il benchmark generale Ftse All Share ha perso circa il 12 per cento.

È infine possibile concentrarsi sul comparto delle energie rinnovabili grazie all'indice Irex (Italian renewable index), messo a punto ed elaborato quotidianamente dalla società di consulenza Althesys. Il benchmark, nato il 2 aprile 2008, si basa su un paniere di dieci società italiane quotate (Alerion, Actelios, Erg Renew, ErgyCapital, Greenvision, K.R.Energy, Kerself, Kinexia, TerniEnergia ed Eems, quest'ultima dal luglio 2010). L'Irex ha toccato un primo minimo a 9.672 il 9 marzo 2009, è risalito fino al massimo di 14.001 punti raggiunto il 3 febbraio di quest'anno per poi ridiscendere all'inizio di dicembre intorno a quota 9.300 punti.

Il messaggio è dunque coerente, anche se declinato con sfumature che derivano dalle specificità di singoli mercati e settori. Il pericolo-bolla nel mondo delle rinnovabili, considerato probabile qualche mese fa, sembra ora meno pronunciato. «Se bolla c'è stata - commenta infatti Alessandro Marangoni, ammministratore delegato di Althesys e docente di Economia e gestione delle utilities all'Università Bocconi - questa si è già sgonfiata. Penso inoltre che non ci sia stata una bolla per tutto il comparto delle rinnovabili. Piuttosto, un fenomeno di questo genere si è forse verificato in qualche caso specifico e ciò dipende anche dalle caratteristiche delle società e dei diversi business, che si trovano in differenti fasi di sviluppo. Talvolta sono state quotate le slide, ma quasi sempre il piano industriale era solido e in avanzato stadio di realizzazione».

La specificità italiana di un comparto che, nonostante la crisi, tende a crescere in borsa più rapidamente che nel resto d'Europa (e a scendere meno bruscamente nelle fasi riflessive) non dipende quindi solo da pressioni speculative e da politiche pubbliche di incentivazione. Contano elementi strutturali legati alle dimensioni degli operatori e al loro posizionamento all'interno della filiera. C'è poi da tenere conto dell'importante discontinuità rappresentata dal debutto in borsa di Enel Green Power che per il comparto delle rinnovabili italiane ha rappresentato un esame di maturità superato a pieni voti. Ora le attese si concentrano sull'effetto-traino che Egp dovrebbe esercitare su nuove iniziative e altre Ipo. Il vero punto di svolta è infatti rappresentato dall'accresciuta solidità e visibilità dell'intero settore. «Ovviamente - prosegue Marangoni - Egp è un oggetto molto diverso dagli altri per le dimensioni, ma anche per la diversificazione, per le tecnologie e per la presenza internazionale, che diluisce il rischio regolatorio».

In ogni caso, sull'energia verde italiana si è ormai concentrata l'attenzione di molti investitori esteri, in particolare statunitensi, inglesi e tedeschi. «L'industria delle rinnovabili si conferma uno dei principali driver dell'economia mondiale» chiarisce Stefan Brandes, managing partner di Roedl Italia, tra i maggiori studi professionali multi-disciplinari del mondo con 3mila collaboratori e 81 uffici in 37 paesi. Che conclude: «La vivacità delle operazioni di M&A è un indicatore che lascia prevedere un ulteriore sviluppo di mercato per i prossimi anni. Anche la recente riduzione degli incentivi non frenerà gli investimenti, che restano tra i più attrattivi».
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