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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2011 alle ore 14:36.

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La sfida italiana dei biocarburanti dalle alghe (Foto ReutersLa sfida italiana dei biocarburanti dalle alghe (Foto Reuters

Produrre combustibile dalle alghe si può. Ne sembrano ormai convinti gli operatori dell'energia di tutto il mondo. E ora si apre la corsa alla tecnologia migliore. Chi arriverà primo, ovvero chi riuscirà a trovare un modello di produzione in grado di rendere economicamente conveniente il business, si imporrà a livello mondiale.

Ricerche e investimenti fervono e anche i colossi del petrolio si stanno lanciando nell'impresa, Exxon e Bp per tutti. Le applicazioni di questo biocarburante sono le più diverse, dall'olio di alghe all'etanolo, dal biodiesel al biometano. E diverse sono anche le tipologie di alghe utilizzabili e le tecnologie per coltivarle e nutrirle. Il meccanismo di base è quello della fotosintesi, dunque per nutrire le alghe è sufficiente il sole, almeno in teoria.

Inoltre le alghe sono grandi mangiatrici di anidride carbonica, il che le rende ancora più interessanti: poter catturare gas serra mentre si produce energia pulita non è un vantaggio da poco. Gli impianti di produzione di alghe possono infatti essere collegati a centrali elettriche che utilizzano combustibili fossili per abbattere la CO2, come sta già facendo Enel a Brindisi assorbendo una piccola parte delle emissioni della centrale elettrica.

A conferma dell'interesse mondiale per le alghe, un recente rapporto della società di analisi di mercato Sbi Energy secondo cui entro il 2015 il mercato di questo biofuel passerà dai 271 milioni di dollari stimati nel 2010, a 1,6 miliardi di dollari, con un tasso di crescita del 43%.

Una tendenza che si osserva anche in Italia dove si investe sullo sviluppo tecnologico delle coltivazioni e dei processi produttivi, in cerca della soluzione ottimale per ottenere un prodotto industrializzabile e competitivo sul mercato dei carburanti. I progetti in corso sono diversi. Tra i più promettenti c'è quello di Biotema, una società di ricerca che, sotto la guida di alcuni imprenditori e scienziati dell'Università di Genova, sta studiano la coltivazione di microalghe a fini energetici con lo scopo ultimo di progettare un impianto su scala industriale.

«Siamo partiti dall'idea di produrre biomasse liquide da un elemento che non rientrasse nel mercato del food – racconta Cristiano Ferraresi, presidente del consiglio di amministrazione di Biotema – In tutto il mondo si cerca la soluzione a questo problema. Le microalghe, come tutte le piante di questo mondo, contengono degli oli e si possono coltivare. Il problema è che finora nessuno è riuscito a industrializzare il sistema». Per questo la Biotema srl ha affidato alla Ecotec di Cagliari la sperimentazione sugli impianti. «Grazie all'uso di particolari bioreattori siamo riusciti a passare da 2 gr per litro a 5 grammi per litro. E sottoponendo le alghe a stress attraverso luce e sostanze nutritive possiamo aumentrare la produzione di circa il 300 per cento».

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