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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2011 alle ore 10:21.

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Il solare pugliese attira le mafieIl solare pugliese attira le mafie

MILANO - Se il vento gonfia i portafogli delle mafie, i pannelli in silicio li illuminano. «Fino al 2008 - spiega Giuseppe Mastropieri, direttore dell'Area fonti rinnovabili di Nomisma Energia - le mire della criminalità organizzata erano indirizzate all'energia eolica ma da tre anni a questa parte è quella fotovoltaica ad attirarle».
Con gli attuali ritmi di costruzione di pannelli di silicio, l'Italia potrebbe toccare già quest'anno quota 180mila impianti (ora sono 146.666) e l'obiettivo nazionale del 2020 per l'energia fotovoltaica verrebbe raggiunto nel 2013.


Se c'è da lucrare miliardi, vento e luce per le mafie pari sono ma è questo il momento per entrare nel settore che garantisce un generoso incentivo statale, valido per 20 anni, a chi produce energia elettrica da fonte solare (oltre alla remunerazione sul mercato dell'energia elettrica prodotta): 300 milioni nel 2009, 826 milioni nel 2010 e 3 miliardi nel 2011.
Il volume d'affari complessivo per il settore, dal 2009 a fine anno, è stimato per il Sole-24 Ore da Nomisma Energia in 19 miliardi (sei nel solo 2010), nel quale le mafie si buttano a pesce, attratte non tanto dagli incentivi quanto dalla compravendita dei terreni, dal riciclaggio di denaro sporco negli impianti, dalla manodopera illegale da utilizzare nei campi e perfino dal successivo smaltimento.

La regione più sensibile alle infiltrazioni mafiose è la Puglia. La sola provincia di Brindisi, per la quale finora sono fioccate richieste per una quota pari al 17% dell'energia nazionale da fonti rinnovabili, è in grado di far sballare ogni previsione sulle cifre, visto che se tutte le domande venissero accolte il complesso degli incentivi sarebbe di circa 13 miliardi per 20 anni.

Proprio la Puglia - invasa da imprese esterne alla regione, con soci e capitali spesso difficili da individuare per il gioco continuo di scatole cinesi e perfino anonime finanziarie estere - mette in luce una crepa attraverso la quale le mafie si insinuano: la carenza di controlli sulle domande, che diventa pressoché nulla per gli impianti di 1 megawatt, motivo per il quale gli stessi soggetti acquistano più lotti minimi (e contigui) con nomi di società diverse.

La sconsolata conferma al Sole-24 Ore arriva da Loredana Capone, vicepresidente della Giunta regionale e assessore allo Sviluppo economico: «Gli incentivi sono in quantità sproporzionata ed esistono mere autorizzazioni nelle quali la Regione non può far altro che prendere atto del diritto del singolo senza neppure chiedere lo straccio di un certificato antimafia. Neanche lo Stato fa controlli. Proveremo a fare da soli, costituendo una consulta tra tutti i prefetti».

Il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Beppe Pisanu, non a caso, si è recato a Bari il 10 dicembre 2010 e all'uscita della Prefettura ha dichiarato ai giornalisti: «I clan acquistano e rivendono terreni dove collocare un parco fotovoltaico che gestiscono anche in proprio o con prestanome». Pisanu portò alla luce il business del riciclaggio e della compravendita dei terreni, acquistati a prezzi stracciati e rivenduti a peso d'oro se destinati alle energie rinnovabili. Terreni dove, oltretutto, i clan sfruttano la manodopera extracomunitaria, tagliando le ali all'occupazione regolare che Legambiente (sovra)stima attualmente in 15mila addetti.

Le mafie hanno pensato proprio a tutto: comprese le garanzie bancarie attraverso proprie società o lo smaltimento nel caso in cui, una volta ottenute le autorizzazioni e costruiti gli impianti, decidessero di sparire. Per lo smaltimento - onerosissimo - sarebbero ancora loro in pista, lucrando fino a 800mila euro per megawatt smaltito.

In Puglia l'attenzione è alle stelle. Il presidente della Provincia di Brindisi, Massimo Ferrarese, si è già rivolto alla Procura, mentre in consiglio regionale c'è chi ha chiesto l'anagrafe degli impianti e una speciale commissione di indagine sulle infiltrazioni mafiose.
Calabria e Campania sono attraversate dagli stessi appetiti ma è la Sicilia che nel Sud, ricco di vento e luce, desta, dopo la Puglia, le preoccupazioni maggiori. Qui il 28 gennaio l'Assemblea regionale ha approvato il Piano energetico (Pears) privilegiando il fotovoltaico rispetto all'eolico. L'assessore regionale all'Energia, Giosuè Marino, ex prefetto di Palermo, ha affermato che «ci saranno controlli rigorosi contro il rischio di infiltrazioni mafiose anche attraverso la collaborazione con prefetti e Viminale». Incuranti dei protocolli, le cosche di Trapani, Enna e Agrigento sono da tempo entrate in azione alla luce del sole e con il vento in poppa.

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