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Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2011 alle ore 06:53.
Sarà pure stato un anno "folle" per il solare fotovoltaico italiano, con gli effetti disastrosi del decreto "salva-Alcoa" (un boom a 6 gigawatt e al 740% sul 2009 per aggiudicarsi in extremis le tariffe incentivate super-vantaggiose del secondo conto energia) ma almeno un dato positivo c'è. Nell'anno della grande corsa, rileva il Solar energy report del Politecnico di Milano (che verrà presentato oggi) la filiera industriale fotovoltaica italiana si è irrobustita.
Oggi, stima lo studio, 800 imprese, migliaia di operatori locali e 430 banche attive nei finanziamenti presidiano un settore da 18.500 addetti (con l'indotto 45mila) che 5 anni fa non esisteva. E sul totale dei profitti lordi la quota delle imprese solari italiane è salita dal 28 al 42 per cento. «Anche con qualche caso di internazionalizzazione e di export – rileva Sergio Chiesa, coordinatore del report – data la dimensione, anche ragguardevole, raggiunta da alcuni grandi istallatori».
Il messaggio che si legge tra le righe del Solar energy report è quindi chiaro: non buttare via il bambino con l'acqua sporca. «Una rimodulazione, anche seria, degli incentivi è necessaria. Ma possiamo, secondo le nostre simulazioni, arrivare al 2016 con un budget complessivo di incentivi pubblici di 6 miliardi anni, al ritmo di 2 gigawatt istallati all'anno – spiega Chiesa –. Poi da quell'anno in avanti ci sarà la "grid parity", il fotovoltaico soprattutto residenziale e per autoconsumo produrrà energia ai prezzi di mercato, senza bisogno di altri incentivi».
Il passaggio da una filiera solare che nel 2009 veniva giudicata dallo stesso report (giunto alla terza edizione) estremamente fragile (e di import) a un 2010 in cui ha finalmente messo fuori testa e braccia è il motivo conduttore dell'analisi del Politecnico di Milano. Anche per il solare termodinamico. «Un campo dove l'industria italiana avrebbe tutte le carte in regola, data la sua esperienza nella meccanica di precisione, nell'ottica, nell'impiantistica. Dove c'è una situazione opposta al fotovoltaico: tanta filiera ma poco installato. E il salto sta proprio nel passaggio dall'artigianale all'industria».
Qui un dato risulta chiaro: «Il grande solare termodinamico, con le sue centinaia di ettari di estensione andrà bene all'export, ma non certo per la penisola». Dove invece le aziende italiane stanno puntando su impianti piccoli, a fonti di generazione multiple e ibridate, su tecnologie solari più semplici e meno costose delle grandi torri solari o degli specchi parabolici alti 5 metri. Sarà il piccolo e flessibile termodinamico distribuito la chiave per la nascente filiera italiana? La scommessa è aperta.
giuseppe.caravita@ilsole24ore.com
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