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Questo articolo è stato pubblicato il 17 aprile 2011 alle ore 15:13.
Soluzione in vista per il "quarto conto energia" con il quale si dovranno tagliare i super-sussidi al solare fotovoltaico. Il meccanismo sta prendendo forma: nessun tetto di erogazione legato all'incremento complessivo dei pannelli in Italia, ma un limite ai finanziamenti pubblici da rivedere annualmente. Con un ridimensionamento progressivo, meno accentuato quest'anno per garantire agli operatori una transizione non troppo dura, più veloce e consistente nei prossimi anni. Per sparire completamente tra un quinquennio o poco più, quando il settore avrà raggiunto la prevista grid parity, ovvero la piena competitività della generazione elettrica dai pannelli solari rispetto alle altre fonti tradizionali.
Il meccanismo, che dovrà entrare in vigore il prossimo 1° giugno, è stato delineato giovedì scorso dal sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia. Servirà ad allestire il decreto interministeriale che dopo tanti e imbarazzanti ritardi (il Governo aveva promesso di vararlo con congruo anticipo rispetto alla scadenza del 30 aprile) dovrebbe essere messo a punto domani in una riunione tecnica al ministero dello Sviluppo per essere portato mercoledì al setaccio della conferenza Stato-Regioni.
Nei giorni immediatamente successivi l'ultimo confronto con gli imprenditori e poi il varo, inevitabilmente a ridosso della scadenza ultima, con buona pace delle promesse formulate agli operatori per sbloccare la macchina degli investimenti solari che si trascina ormai da qualche mese e che sta creando evidenti problemi alle aziende del settore. Molte delle quali, in attesa che il Governo chiarisca il quadro di riferimento, hanno dovuto imboccare la dolorosa via della cassa integrazione.
C'è da dire che se l'impostazione del nuovo conto energia sta assumendo i suoi contorni, non poche incognite rimangono sulle questioni cruciali ancora al centro dei negoziati: l'entità complessiva del taglio ai sussidi e quindi le disponibilità economiche da garantire al settore (che, lo ricordiamo, vengono finanziate con prelievi dalle bollette di tutti gli italiani) oltre alla progressione del tempo di questi tagli.
Un implicito via libera al meccanismo delineato da Saglia arriva dall'associazione degli operatori che si è assunta il compito è l'onere di mediare rispetto gli oltranzismo della categoria: il Gifi-Anie (Confindustria).
«Consideriamo inevitabile un tetto massimo di spesa, purché sia ben calibrato, magari rivedibile nel tempo» puntualizza Valerio Natalizia, presidente del Gifi. «In ogni caso bisogna costruire qualcosa di praticabile in tempi rapidissimi, e che sia utile al mercato». Sì dunque all'impegno del Governo di modulare gli incentivi per facilitare (finora non lo si è fatto) la creazione di una vera filiera nazionale degli apparati, evitando l'attuale massiccio ricorso ai pannelli solari importati dalla Cina o dalla Germania.
Sì di Natalizia anche all'intenzione espressa dal ministro dello sviluppo Paolo Romani e ribadita dal sottosegretario Saglia di improntare il prossimo quinquennio al modello di sussidi adottato in Germania «con il quale chi più installa meno gode di incentivi» aveva precisato Romani. «Certo, nel mutuare il modello tedesco bisogna tenere comunque conto delle peculiarità italiane. In Germania – puntualizza Natalizia – per avere un'autorizzazione e per connettere gli impianti alla rete è sufficiente qualche settimana, da noi ci vogliono mesi se non anni. Tutto va dunque considerato».
L'urgenza è massima. Anche le migliori industrie italiane di pannelli fotovoltaici e di apparecchiature per le centrali solari patiscono pericolosamente il clima di incertezza, l'impossibilità di calibrare il loro business, l'indisponibilità del sistema creditizio a rispondere alle esigenze di finanziamento fin quando lo scenario non si chiarirà.
Due esempi. Solsonica (Rieti) ha resistito finché ha potuto, ma ora ha dovuto mettere in cassa integrazione ordinaria per 13 giorni 240 addetti, l'80% del totale, eliminando il terzo turno di produzione, con il rischio di tirare il freno a una strategia di produzione e di marketing che aveva contorni davvero innovativi.
Anche la filiale italiana del gruppo tedesco Solon una ha messo in cassa integrazione, da fine marzo a inizio giugno, 95 dei circa 250 addetti del suo stabilimento in Veneto. E se in pochi giorni non arriverà un decreto che darà un po' di luce al settore i dirigenti del gruppo dovranno avviare altri 100 addetti alla cassa integrazione.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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