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Questo articolo è stato pubblicato il 03 maggio 2011 alle ore 09:07.

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Le fonti verdi valgono 21 miliardiLe fonti verdi valgono 21 miliardi

E adesso? Scuotono la testa i maggiori industriali esteri dell'energia da fonti rinnovabili, da ieri a Verona per il Pv Summit, che precede la fiera Solarexpo inaugurata domani (prima in Europa e terza al mondo, con i cinesi di Snec in delegazione per capire come clonarla a Shanghai).

«Che cosa state combinando in Italia sul fotovoltaico?», è il coro generale. Più che il prospettato taglio agli incentivi, sconcerta l'improvvisa instabilità normativa che mette a rischio investimenti messi in cantiere. «Tagliamo tutti la corda, Italia arrivederci», dicono gli investitori finanziari (non speculatori, ci tengono a precisare). Da Michele Appendino di Solar Ventures, sviluppatore di parchi solari in Italia, Francia e nell'area del Mediterraneo, a Luca Concone di Solar investment group, società di fondi chiusi fra le più attive.

Fino a Eduardo Schindler di 2thePoint, che con il suo fondo gestisce gli investimenti di molte fra le più ricche famiglie svizzere. «Io seguirò i miei clienti in Romania, dove già curo diverse operazioni, e in Turchia, dove si è creato un quadro normativo stabile e accattivante», racconta l'avvocato Carlo Sinatra.

«Ben gli sta, speculavano su fondi prelevati dalla bolletta elettrica degli italiani, più pesante del 5% per gli incentivi al fotovoltaico», diranno in molti. Il problema è che se fondi e banche chiudono i rubinetti del credito, a valle freneranno le attività delle imprese del settore, tutte in fase di forti investimenti.

Il ministro dello sviluppo economico, Paolo Romani, al Solarexpo di domani, in teoria, spiegherà ai 70mila operatori presenti a Verona che il quadro normativo si stabilizzerà presto, che i diritti pregressi maturati con il precedente Conto energia saranno salvaguardati ancora per parecchi mesi, che gli incentivi andavano tagliati perché insostenibili dopo il decreto salva-Alcoa e la successiva corsa all'allaccio di impianti per godere della finestra di incentivi migliore. I cittadini e le imprese energivore, sia grandi che piccole, non possono che dargli ragione, perché in effetti un surplus in bolletta c'è (si veda l'articolo a pagina 3). Il ministro dell'ambiente Stefania Prestigiacomo, poi, ha dato battaglia per tutelare gli operatori della green energy. E, su fronti diversi, anche Confindustria, la Conferenza Stato-Regioni e l'Anci hanno elaborato proposte interessanti per il riordino degli incentivi, molte delle quali sono state accolte nel testo del Quarto conto energia.

Ma perché tanta agitazione? Quali sono gli interessi in gioco? E gli operatori delle altre fonti rinnovabili che cosa stanno realizzando, nel silenzio? A queste domande prova a rispondere il Rapporto Energie rinnovabili del Sole 24 Ore di oggi, analizzando i numeri del settore, le ricadute sul territorio e le tariffe in bolletta. Parlano i dati dell'Autorità dell'energia, del Gestore dei servizi elettrici, dell'Istituto Bruno Leoni, dell'Agenzia internazionale per l'energia, più stime inedite di McKinsey, Althesys e il nuovo Osservatorio sul business fotovoltaico in Italia A.T.Kearney-Il Sole 24 Ore-Solarexpo.

Dallo studio realizzato ad hoc per questo Rapporto del Sole 24 Ore emergono i contorni del settore, di difficile messa a fuoco. «Il valore del mercato delle rinnovabili in Italia nel 2010 è stimabile in circa 21 miliardi di euro, di cui 7,2 per elettricità e incentivi (certificati verdi e tariffa feed-in) e 13,7 miliardi di investimenti in nuovi impianti - spiega Marco Andreassi, partner e vice president di A.T. Kearney Italia -. La parte del leone la fa il fotovoltaico con circa 11,5 miliardi, grazie alla realizzazione di oltre 3.000 MW nel 2010. Seguono l'idroelettrico con 4,5 miliardi, l'eolico con 2,6 (in calo di circa il 15% rispetto al 2009), le biomasse con 1,8 e infine il geotermico con 500 milioni».

Il settore c'è, quindi. Ma quanti soldi incassa, prelevati dalle bollette? «Nel 2010, prima degli effetti del salva-Alcoa, gli incentivi totali alle rinnovabili si sono attestati a quota 3,4 miliardi - spiega Alessandro Marangoni della società di analisi e consulenza Althesys -. Di questi, 122 milioni per la tariffa omnicomprensiva (per gli impianti piccoli), 857 milioni per il Conto energia (per il solo fotovoltaico), 690 milioni per il Cip6 per le sole rinnovabili, non per le fonti assimilate, al netto (ad esempio per gli impianti più vecchi dell'idroelettrico e delle biomasse) e infine 1.793 milioni per i certificati verdi (eolico, grande idroelettrico, biomasse). Uno spaccato confermato anche dalle recenti dichiarazioni del presidente dell'Autorità dell'energia, Guido Bortoni».

E l'industria della green energy quanto ha reinvestito, di questi soldi? Tutto, con un effetto moltiplicatore: 17 miliardi di euro, nel 2010, su tutte le fonti rinnovabili. Uno sforzo economico rilevante (finanziato dal sistema creditizio e dai fondi, in larga parte). Ma quanta parte del mix energetico italiano è composta dalle fonti rinnovabili? Non poca: il 26%, afferma la società di consulenza strategica McKinsey, elaborando dati europei: di questi, il solo idroelettrico vale il 18% e le altre fonti rinnovabili l'8%, in aumento (17% previsto nel 2020).

Valeva la pena investire tanto per ottenere questi risultati? Certo, ha spiegato il Commissario Ue all'energia Günther Oettinger in una lettera di protesta all'Italia per la gestione dellaffaire incentivi: il nostro paese deve raggiungere gli obiettivi di produzione di energia verde, mobilità sostenibile ed efficienza energetica della direttiva 20-20-20 e la promozione delle fonti rinnovabili è fondamentale.

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