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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2011 alle ore 14:52.
Il minieolico in Italia continua a suscitare molto interesse, ma resta in fase di incubazione. Secondo il monitoraggio del campo eolico sperimentale di Trento nel nostro Paese ci sono impianti installati per circa due megawatt. Poco, dunque, ma con una crescita anno su anno di circa il 20 per cento. Gli esperti sottolineano che le opportunità non mancano.
Diverse imprese ormai da qualche anno si sono affacciate nel mercato della produzione di corrente elettrica con pale eoliche di media o piccola dimensione.
La spinta è dovuta ai decreti attuativi della Finanziaria approvata a fine 2007, arrivati - in forte ritardo - all'inizio del 2009. L'incentivo è di 30 centesimi di euro per l'energia messa in rete dagli impianti fino a 200kw (sul modello del Conto energia fotovoltaico).
Il punto è che «gli incentivi non bastano - spiega Lorenzo Battisti, ingegnere, docente all'Università di Trento e coordinatore del campo eolico sperimentale (www.eolicotrento.ing.unitn.it) - ci vuole l'industria. Al momento i volumi produttivi delle imprese sono bassi, con pochi fondi da investire in ricerca e sviluppo. C'è una grande disparità con i produttori di grande eolico, soprattutto per quanto riguarda la certificazione. Per la piccola taglia ancora manca uno standard di certificazione rigido».
C'è anche un'altra questione da affrontare: quella dell'accesso al credito: «Abbiamo ricevuto diversi finanziamenti dalle banche, ma mancano dei pacchetti ad hoc - dice Pietro Lecce, presidente di Jonica Impianti, azienda con sede a Lizzano, in provincia di Taranto, che produce e commercializza pale eoliche dai 25 ai 60 Kw -. Nei primi mesi dell'anno non abbiamo avuto richieste perchè c'era molta confusione sul decreto rinnovabili. Eppure l'incentivo per il mini-eolico non era in discussione. Ora gli ordini hanno ripreso in maniera decisa».
Una delle principali barriere riguarda l'analisi del sito che precede l'installazione. «Ancora oggi ci vuole un anno per poter dare una risposta. La procedura è molto costosa e la risposta, alla fine, può essere negativa» continua Battisti. Perchè abbia un senso installare una pala eolica, l'analisi anemometrica deve confermare la presenza di un vento medio annuo di almeno quattro metri al secondo.
«In Italia bisogna investire su tecnologie capaci di sfruttare anche le minori intensità- afferma l'ingegnere - Spesso vengono importate tecnologie che vengono dai Paesi del Nord Europa, che però hanno caratteristiche diverse e da noi si rivelano inefficaci». Anche perchè il settore, ancora in una fase di prima maturità e per alcuni aspetti artigianale, vive molto di passaparola: «Se un impianto funziona, la voce gira e può essere un'opportunità per quell'area. In caso contrario, il messaggio che passa è che non c'è vento, quando invece il problema è tecnologico, e si distrugge il mercato potenziale sul territorio».
Per entrare in una fase industriale più matura, è necessario «ispirarsi ai Paesi più avanzati nello sviluppo e nella diffusione di questa fonte energetica - conclude Battisti -. In Inghilterra, per esempio, l'introduzione della figura dell'installatore certificato ha portato a un iniziale calo delle installazioni, poi hanno ripreso, perchè il mercato ha più fiducia».
luca.salvioli@ilsole24ore.com
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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