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Questo articolo è stato pubblicato il 18 agosto 2011 alle ore 09:43.

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Un documento di tre pagine classificato come "riservato". Nel quale Telecom Italia mette a nudo, su richiesta di Confindustria, un'ipotesi di piano d'attacco per colmare il digital divide nei principali distretti industriali del Paese, dove internet va al rallentatore o proprio non arriva. Cinquantacinque aree – dalla Riviera del Brenta alla Val di Sangro, dal Parmense a Biella – per un investimento complessivo di 149 milioni di euro necessari per portare alle imprese l'Adsl a una velocità effettiva tra i 2 e 7 megabit al secondo.

Dal punto di vista tecnico, forse, una "forbice" troppo ampia, perché tra due e sette megabit la differenza è abissale in termini di performance, ma si tratta comunque di un primo studio che dà l'idea delle risorse necessarie per accendere la rete in quelle parti d'Italia dove regna ancora il buio digitale (si veda la tabella in pagina per i dettagli).

«Gli investimenti previsti sono una stima – si legge nel dossier – e sono stati valutati tenendo conto di tutti gli interventi infrastrutturali, al netto della bonifica delle linee lunghe (quelle oltre i 3,5 chilometri, ndr) e dell'introduzione dei 20 megabit, visto che l'incidenza di queste ultime opere varia molto da distretto a distretto e in media comporterebbe un incremento della spesa pari al 40 per cento». Che tradotto significa: c'è la possibilità, anziché "accontentarsi" dei 2-7 megabit, di intervenire con mano più decisa puntando direttamente sulle linee più moderne a 20 mega e installando centraline di nuova generazione basate su protocollo Ip, già pronte per la vera banda larga.

Soluzione più costosa ma anche preferibile dal punto di vista industriale, visto che gli interventi non sono "cumulabili" – come spiega un tecnico vicino al report – cioè non sono possibili facili upgrade dai 2-7 megabit ai 20 perché per avere linee più veloci serve comunque cambiare le centraline. Bel dilemma, ma una cosa è certa: il costo aggiuntivo dell'operazione sarebbe di 60 milioni di euro (il famoso 40% in più sui 149 milioni), che porterebbe il totalone degli investimenti a superare i 210 milioni.

Ma la "mappa" di Telecom ha il pregio di individuare nel dettaglio le aree più colpite dal digital divide, insieme con la quota di denaro da impiegare per accendere la rete nelle aree meno sviluppate dal punto di vista dei collegamenti internet. La maglia nera del distretto meno digitale d'Italia spetta ad Avellino, noto per le industrie alimentari, dove l'Adsl arriva solo al 45% della popolazione e dove, secondo Telecom, basterebbe un milione e mezzo di euro per portare un po' di banda. Più a Nord anche Marsciano, in provincia di Perugia (metalmeccanica e arredamento), non naviga in buona acque, e sulla carta la copertura Adsl arriva al 67% della popolazione, una zona che potrebbe essere "sanata" con circa 2,6 milioni.

Poi c'è il ricco distretto di Parma-Langhirano (ancora alimentare), con una copertura del 77%, ma qui la spesa prevista sale a oltre 12 milioni di euro, la più elevata di tutto il dossier, complice la maggior concentrazione di aziende e di popolazione residente. E ancora: a Pordenone (meccanica e componentistica) internet l'hanno 78 abitanti su cento e qui sono previsti investimenti per 3,3 milioni. Persino nel distretto motoristico di Bologna, dove la velocità non dovrebbe essere un problema, c'è un buon 1% degli imprenditori completamente tagliati fuori da un collegamento decente, per un'economia di scala che necessiterà di oltre 4,5 milioni per soddisfare le esigenze tecnologiche delle aziende.

In questo progetto Viale dell'Astronomia «si pone come intermediario privilegiato tra le imprese in digital divide e i fornitori di servizi telefonici che hanno voglia di investire e di portare sviluppo – racconta Aldo Bonomi, vicepresidente di Confindustria con delega sul territorio e i distretti – per creare un'iniziativa di sistema che azzeri una volta per tutte il divario digitale di molte aree industriali, che senza internet perdono competitività».

Ma chi metterà i soldi? La parola magica, ancora una volta, è cofinanziamento, coinvolgendo in primis gli enti locali, «come la Regione Puglia, la Provincia di Brescia e la Regione Veneto, che hanno già mostrato interesse», spiega Bonomi. E il modello potrebbe essere proprio quello utilizzato da Telecom in Lombardia per la copertura entro 24 mesi di 707 nuovi comuni per circa un milione di abitanti. Qui il costo totale era di 95 milioni di euro dei quali 41 a carico del Pirellone mentre i rimanenti di competenza di Telecom.

«È ovvio che in un progetto del genere sarà necessario coinvolgere anche gli operatori alternativi – spiega Ennio Lucarelli, vicepresidente vicario di Confindustria servizi innovativi – con i quali i colloqui sono già iniziati proprio nelle scorse settimane». Ma il calcolo dei capex non può che essere quello di Telecom, visto che di Telecom è la rete e comunque da lì si dovrà passare per "piantare" nuove linee.

Certo, in questi calcoli non si parla di banda larga mobile, per esempio quella che Vodafone, per fare un nome, sta portando in tutta Italia con il suo progetto "Mille Comuni" proprio per ripianare il digital divide. Ma la banda larga mobile è spesso sotto i due megabit e gli stessi imprenditori farebbero bene, probabilmente, a puntare da subito sui 20 mega per evitare di trovarsi tra qualche anno (qualche mese?) ancora a secco di internet, perdendo clienti e affari.

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