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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2011 alle ore 16:41.

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La chiamano "perequazione" ed è il nuovo provvedimento dai contorni forti destinato ancora una volta a rimescolare il sistema degli incentivi per le rinnovabili. Rimescolare o ridurre? La domanda è per ora senza risposta. L'articolo 47 della bozza del decreto Sviluppo all'esame ieri pomeriggio dell'omonimo ministero guidato da Paolo Romani prevede una cosa apparentemente semplice e giusta: una perequazione, appunto, degli incentivi per il solare fotovoltaico.

Che tenga conto delle caratteristiche del territorio sulla capacità di generare elettricità con la stessa attrezzatura: più consistente al Sud, fino al 35-40%, rispetto al Nord.

Dunque, come si legge nella bozza del decreto, «ai fini del raggiungimento degli obiettivi nazionali per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e della maggiore efficienza in campo energetico, alle tariffe incentivanti sulla produzione di energia elettrica prodotta da impianti solari fotovoltaici, fissate dai decreti attuativi del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, è applicato un correttivo perequativo, stabilito con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, collegato ai gradi-giorni delle zone climatiche elencate nell'Allegato A al DPR 26 agosto 1993, n.412, e successive modificazioni, in modo da uniformare il valore dell'incentivo su tutto il territorio nazionale».

Redistribuzione a saldo totale invariato? In questo caso l'attuale entità globale dell'incentivo verrebbe redistribuita premiando di più le zone del Nord (dove gli impianti hanno una "producibilità" inferiore), asciugando le tariffe incentivate al Sud, dove secondo molti analisti già tra tre anni potrebbe essere raggiunta la "grid parity", ovvero la competitività della produzione elettrica da pannelli solari senza bisogno di alcun aiuto o sussidio.

Ma ecco il legittimo sospetto: la redistribuzione "perequativa" potrebbe invece concretizzarsi nel mantenimento degli attuali incentivi al Nord, che verrebbero ridotti progressivamente, con il variare dell'indice di producibilità media, nelle zone più soleggiate.

Ad accendere il dubbio è tra l'altro la vibrata campagna lanciata nei mesi scorsi dalla Lega, che chiedeva un taglio degli incentivi al fotovoltaico ben più sostanzioso di quello comunque apportato dal "quarto conto energia" varato nel maggio scorso. Tant'è che nell'ultima manovra di bilancio era comparsa (per poi scomparire, travolto dalle bordate degli operatori ma anche di buona parte della politica) una sforbiciata secca e lineare del 30% a tutti gli incentivi in vigore per le energie rinnovabili. Questo, come correttamente propagandava la Lega, «per alleggerire le bollette degli italiani», visto che gli incentivi all'energia verde sono totalmente finanziati con un prelievo aggiuntivo sulle bollette di tutti i consumatori. E dunque – va nuovamente sottolineato – nulla hanno a che fare con i problematici equilibri della spesa pubblica.

Sembra intanto perdere quota l'ipotesi di intervento a sanatoria degli impianti solari che negli ultimi due giorni ha suscitato un vivace dibattito tra gli operatori nelle ultime 48 ore. L'ipotesi, solo un'idea da trasformare per iniziativa del ministro dell'Agricoltura Francesco Saverio Romano in un'integrazione al decreto sviluppo, prevede un "condono" a titolo oneroso (si è parlato di una decina di euro a chilowatt installato) per gli impianti a terra realizzati in aree agricole in eccedenza rispetto ai limiti di spazio previsti. Solo un'idea, che sui sarebbe scontrata con la netta opposizione del ministro dello Sviluppo Paolo Romani.

A dire no all'ipotesi non solo solo le organizzazioni ambientaliste ma anche le principali associazioni degli imprenditori delle energie verdi.

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