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Questo articolo è stato pubblicato il 08 novembre 2011 alle ore 20:39.

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Ventitrè dollari. Dalla prossima estate, le più energivore imprese industriali australiane dovranno metterli sul piatto per ogni tonnellata di anidride carbonica che emettono. Il Senato di Canberra ha approvato, in seconda lettura, il Clean Energy Bill voluto dalla premier Julia Gillard che, avversatissimo dall'opposizione, ha dominato il dibattito politico in Australia per nove lunghi mesi.

La nuova normativa prevede l'introduzione di una carbon tax secca che aumenta del 2,5% all'anno fino al 2016, quando l'Australia adotterà un sistema simile all'Emission trading scheme (Ets) dell'Europa, col risultato che il prezzo del carbonio non sarà più fisso ma determinato dal mercato. La mossa della Gillard è una buona notizia per la Commissione di Bruxelles che, con il vertice climatico dell'Onu che si apre fra tre settimane in Sudafrica sotto i peggiori auspici, rischiava di essere l'unica al mondo (insieme alla piccola Nuova Zelanda) ad attribuire un prezzo alle emissioni, ovviamente con il fine di incentivare la transizione dai combustibili fossili alle energie pulite. In Europa, i prezzi dei diritti Eua – complice la recessione e gli stanchi negoziati climatici – si aggirano intorno ai 10 euro, ben al di sotto dei 23 dollari australiani (17 euro).

L'Australia è il paese con il più elevato tasso di emissioni procapite al mondo, perché usa principalmente il carbone (75%) per produrre energia elettrica. La nuova legge andrà a tassare le emissioni di 500 aziende nazionali, con un prevedibile rialzo dei prezzi al consumo di energia. Così, il governo Gillard ha studiato un sistema fiscale (tagli sulle tasse e aumenti delle pensioni) per compensare i costi che ricadono sulle famiglie.

Le aziende che consumano più energia, come quelle che producono alluminio, lamentano comunque di sentirsi svantaggiate di fronte alla competizione internazionale. «È difficile immaginare un'espansione del settore in Australia – dice Miles Prosser, direttore dell'Australian Aluminum Council – e alcune imprese finiranno presto sotto pressione». Ma Tony Abbott, il leader del Partito Liberale, ha già promesso di abrogare la legge non appena salirà al potere. «Questa incertezza – scrive in un report Mark Lewis della Deutsche Bank – farà sì che le imprese adotteranno un approccio prudente». Però le prossime elezioni sono nel 2013 e, secondo il sistema australiano, ad Abbott ci vorrebbe almeno un anno, per distruggere la costruzione di Julia Gillard, che a quel punto sarà già in vigore da tre anni.

All'insolita coalizione fra Europa, Nuova Zelanda e Australia, si aggiungerà presto la California che – nonostante il Congresso americano abbia tagliato la strada al Climate Change Bill di Barack Obama – si appresta a regolare le emissioni-serra in perfetta solitudine. Ma si dice che anche la Cina e la Corea del Sud, che da qualche tempo stanno studiando il sistema Ets europeo in collaborazione con Bruxelles, siano pronte ad adottare un sistema di mercato per regolare le proprie emissioni.

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