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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2012 alle ore 17:23.

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Per parchi marini e parchi eolici il futuro è insiemePer parchi marini e parchi eolici il futuro è insieme

Aree marine protette e piattaforme eoliche offshore da oggi in Europa viaggiano insieme, unite da un progetto scientifico che punta a sviluppare contemporaneamente le zone di tutela ambientale e gli impianti per la produzione di energia pulita. Lo vuole l'Unione europea, che ha deciso di mettere a disposizione ben 11 milioni di euro per fare in modo che la salvaguardia del patrimonio naturale possa combinarsi con i grandi impianti capaci di sviluppare molti megawatt di energia elettrica al largo delle coste dei Paesi del continente, ma soprattutto nel Mediterraneo e nel Mar Nero.

Gli impianti eolici offshore sono una realtà in crescita in tutto il mondo, come lo è la produzione di energia dal vento in generale, che in Cina viaggia al ritmo di 8 gigawatt di potenza in più ogni sei mesi. Lungo le coste europee lo scorso anno si sono aggiunti mulini posizionati in alto mare per 866 megawatt, con 235 nuove turbine in 9 parchi eolici per un investimento di 2,4 miliardi di euro spesi. Ma, come racconta l'ultimo rapporto della European Wind Energy Association sono tutti al largo della Gran Bretagna (addi rittura l'87%) o della Germania, più qualcuno tra Danimarca e Portogallo. Nemmeno uno sulle sponde che affacciano verso l'Africa. Da oggi e per due giorni 120 scienziati di 39 istituti e 22 Paesi diversi hanno cominciato a discutere a Roma di come questa situazione potrebbe cambiare nel meeting che ha dato il via ufficiale al progetto battezzato Coconet (Coast to coast network).

Coconet è un progetto scientifico, seguito all'80% da biologi ed ecologisti, finanziato dal settimo Programma quadro dell'Unione europea e ha ambizioni grosse. Il primo obiettivo è quella di riuscire a mettere insieme tutte le aree marine protette del nostro continente per creare tra loro una rete, sia nazionale che internazionale. Oggi ogni zona tutelata fa storia a sé. E ogni Paese ha regole, vincoli, filosofie diverse. Una situazione che non è mai molto sensata quando si tratta di salvaguardare l'ambiente, ma che appare ancora meno giustificata se l'ambiente di cui si parla è quello marino, dove i confini non esistono per definizione e quello che succede in un posto si riflette inevitabilmente su molte altre zone circostanti. In più, la creazione di nuove aree protette è sempre più difficile, a causa degli insediamenti umani e dello sfruttamento economico delle coste. Per questo realizzare una rete delle zone già sotto tutela può essere il modo migliore per aumentare il livello di protezione, collegando idealmente, ma anche con dati scientifici reali, posti diversi.

«Il nostro scopo è realizzare delle linee guida comuni, per le aree che esistono e per quelle che potrebbero esser create, attirando anche Paesi che non sono politicamente in Europa, come le sponde africane del mediterraneo e asiatiche del Mar Nero, ma che sono coinvolti direttamente», racconta Nando Boero, biologo dell'Università del Salento, che è a capo del progetto in cui per l'Italia collaborano il Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (Conisma), che raccoglie 30 atenei, e l'Istituto di Scienze Marine (Ismar) del Cnr.

Ma nello stesso tempo si realizzerà lo studio per la collocazione dei possibili futuri parchi eolici offshore. Anzi, ci saranno due progetti pilota e per uno è già stata scelta una collocazione precisa vicino alle nostre sponde: nel Canale di Otranto. Tra le coste del Salento, l'Albania e il Montenegro esistono a quanto pare alcune delle condizioni migliori per provare a sfruttare la forza del vento. E potrebbe essere solo il rpimo di una serie di impianti. Ma davvero non si creeranno subito contrasti tra un modo e l'altro di voler migliorare l'ambiente, tra chi vuole rispettare il patrimonio naturale che esiste e chi pensa che si debba produrre energia senza emissioni inquinanti? Un parco eolico ha una potenza media di 200 Megawatt, l'energia che serve per i consumi di un'intera cittadina, si sviluppa dove le acque sono poco profonde, di solito a 20 o 30 chilometri dalla riva e ha un certo impatto visivo. In realtà, quasi ogni forma di energia pulita ha svelato subito qualche lato debole: rumorosità, impatto visivo per l'eolico e rischi per gli uccelli per l'eolico, sottrazione di terreno all'agricoltura per il solare fotovoltaico e così via.

Alcune cautele ci dovranno essere, ammette Boero. Non si può pensare di gettare le fondamenta di una grossa turbina offshore dove ci sono praterie di posidonia; i cavi che trasportano a terra l'energia prodotta creano sicuramente campi magnetici e bisognerà studiare se possano disturbare alcune specie marine; bisognerà fare attenzione alle rotte degli uccelli migratori perché non rischino di finire tra le pale degli impianti. Ma i parchi eolici potrebbero svelare anche vantaggi per l'ambiente. Potrebbero funzionare come dissuasori per la pesca a strascico, per esempio. L'ecosistema può migliorare, grazie allo sviluppo di colonie di mitili che possono diventare la base anche per insediamenti di acquacoltura. Anche questo sarà il lavoro delle persone impegnate sul progetto Coconet che avranno quattro anni di tempo per mettere nero su bianco i propri risultati e le proprie proposte.

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