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Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2012 alle ore 09:40.

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«Quattro cambiamenti della normativa in quattro anni sono troppi. E adesso una nuova modifica dal decreto sulle rinnovabili di cui è stata presentata la bozza. A questo ritmo siamo costretti a dirottare altrove i nostri investimenti. È già accaduto a 400 milioni di euro che erano stati previsti per l'Italia e sono già stati spostati su Mare del Nord, Polonia e Romania».

Chi parla è Oliver Schulte, presidente e amministratore delegato di Rwe Innogy Italia, la filiale italiana della multinazionale tedesca delle rinnovabili, Rwe Innogy, il braccio verde di Rwe (70mila dipendenti, 40 miliardi di fatturato) e le sue non sono solo parole. «L'instabilità del quadro legislativo ci ha costretto a rivedere il nostro business plan varie volte – dice –, ma adesso il quadro sta diventando insostenibile».

Per il 2008-2013 Rwe Innogy Italia aveva programmato un maxi-investimento da 1,5 miliardi di euro per 40 progetti di cui il 40% sulle Isole, il 55% al Sud e il 5% in altre aree del paese, per quasi 960 megawatt di potenza installata tra parchi eolici sulla terraferma e centrali a biomassa. Non aveva però messo in conto che dal 2008 ad oggi nel nostro paese il quadro regolatorio delle rinnovabili sarebbe stato interessato da così tanti cambiamenti. Le tappe principali sono la Finanziaria 2008, il D.M. del 18-12-2008 sull'Incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, la legge 99/09 sui Certificati Verdi, il D.M. 2/3/2010 sulla Tracciabilità delle biomasse per la produzione di energia elettrica, il D.lgs. n.28/11 sull'Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. Ogni volta una novità e questo per chi pianifica «investimenti così importanti come i nostri è destabilizzante perché i piani industriali sono stati fatti sulla base di tariffe che hanno subito radicali cambiamenti – dice Schulte –. Per esempio per la nostra centrale a biomasse legnose di Enna, in Sicilia, noi avevamo fatto nel 2008 un business plan partendo da una tariffa complessiva di 240 euro per megawattora sulla base di una tariffa allora indicata in 252.

L'ultima bozza del decreto ministeriale indica in 122 euro questa tariffa. Parliamo di meno della metà». E non è tutto perché «il nuovo decreto potrebbe stabilire che chi entrerà in rete fino al 2012 potrà farlo secondo le attuali tariffe, mentre chi entrerà dopo dovrà partecipare alle aste dove ci potranno essere ribassi fino al 30%. Per noi a quel punto non sarebbe più competitivo lavorare in Italia e quindi dovremo pianificare altrove i nostri investimenti».

Che quelle di Schulte non siano solo parole lo dice il fatto che del miliardo e mezzo di euro pianificato nel 2008 già 400 milioni di euro hanno preso la via della Polonia, della Romania e del Mare del Nord dove Rwe Innogy. In Italia dei 960 megawatt ne sono stati installati per ora 67 in parchi eolici in Basilicata, Sardegna e Molise dove «sono stati investiti 100 milioni di euro», spiega Schulte. A Enna la centrale a biomassa legnosa sarà da 18,7 megawatt. «Abbiamo investito finora 100 milioni di euro e altrettanti dovremo investirne per completare il progetto che dovrebbe essere terminato nel 2013 e dare lavoro a 200 persone». Però rispetto ai piani del 2008 per le biomasse legnose ci sono stati vari cambiamenti nella normativa, certamente molti di più di quanti Rwe Innogy si aspettasse.

«La finanziaria 2008 aveva stabilito un certo sistema di certificazione, mentre il D.m. del 18-12-2008 ha indicato quale sarebbe stata l'incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. In entrambi i casi è stata stabilita la remunerazione dei certificati in assenza di un sistema funzionante – spiega Schulte –. Poi però la legge 99 del 2009 ha di nuovo cambiato il sistema di certificazione con i certificati verdi, mentre il D.M. del 2/3/2010 ha stabilito la tracciabilità delle biomasse per la produzione di energia elettrica, introducendo il regolamento sulla filiera corta».

Il cambiamento più forte e inaspettato arriva però con il D.lgs. n.28/2011 che «segna la fine del sistema dei certificati verdi a fine 2015. Per gli impianti in rete entro il 2012 vengono lasciate le tariffe in essere, mentre quelli che entrano in rete dopo vanno direttamente in asta dove però possono esserci ribassi fino al 30% – dice Schulte –. Considerato che la tariffa era 252 euro a megawatt quando abbiamo fatto il piano ed è diventata 122 nella nuova bozza per un impianto con il nostro, con la prospettiva di dover andare in asta, l'investimento non è più stategico». Quindi? «Auspichiamo che il decreto ministeriale sulle rinnovabili tenga conto delle esigenze d'impresa e stabilisca una proroga fino a giugno 2013 prima dell'introduzione dell'asta», dice Schulte. Altrimenti? «Con un prezzo così non possiamo sopravvivere».

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