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Bruxelles batte Fmi, ma Ocse
più precisa

di Antonio Pollio Salimbeni (Radiocor-Il Sole 24 Ore)

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9 NOVEMBRE 2007

Difficile mestiere quello degli economisti che devono sciorinare previsioni a ripetizione con l'occhio e gli strumenti dell'analisi sempre più orientati a corto raggio. Il rischio di errore è dietro l'angolo, anzi è un po' da tutte le parti avendo a che fare con variabili che non si possono ingabbiare vuoi perché sono trattate su mercati sempre più volatili (basti pensare a valute e petrolio) vuoi perché riguardano le aspettative di una vasta folla di persone i cui comportamenti (come lavoratori, consumatori, risparmiatori) possono essere intimamente contraddittori, comunque difficilmente determinabili in anticipo.
E' quasi un paradosso che al momento di presentare le stime macroeconomiche di autunno, il commissario europeo Almunia abbia praticamente fatto ‘harakiri' avvertendo che se si dovessero fare i calcoli l'8 novembre e non il 24 ottobre (come è avvenuto) le stime di crescita nell'eurozona sarebbero inferiori di 0,2% e quelle dell'inflazione superiori dello 0,1%. E questo per un inaspettato aumento del prezzo del barile di 6 euro (di 4 euro tenendo conto dell'apprezzamento della moneta unica).
Dobbiamo concludere che tutti questi numeri sono carta straccia? Naturalmente no poiché sappiamo che l'errore non sarà madornale e che nonostante l'errore e l'incertezza le previsioni delle maggiori istituzioni internazionali indicano utilmente i caratteri di un percorso economico credibile. Quelle comunitarie appaiono talvolta anche più precise di altre. Da uno studio condotto da tre economisti della Commissione emerge infatti che il grado di affidabilità (in relazione all'errore misurato ex post) delle previsioni europee è risultato negli anni simile a quello del ‘consensus' (media ponderata delle previsioni degli analisti), leggermente migliore di quello del Fondo monetario internazionale, inferiore a quelle dell'Ocse specialmente per quanto riguarda le
stime per l'anno in cui vengono calcolate. L'analisi estende il periodo di osservazione dal 1969-1997 tenendo conto delle stime e dei risultati effettivi per gli anni 1998-2005. Sbaglia di più il Fmi specialmente per l'anno successivo alle stime e la ragione è semplice: precedono quelle comunitarie di circa un mese e mezzo per cui incorporano meno informazioni. Il calendario gioca invece a sfavore di Bruxelles nel caso dell'Ocse, le cui stime escono un mese dopo e risultano più precise in relazione all'anno in corso.
Di quanto sbaglia Bruxelles? In generale si può dire che l'errore di previsione si è ridotto di 0,03% a 0,5% per l'anno in cui viene fatta la stima e di 0,08% a 0,86% per l'anno seguente. "Ciò implica – scrivono gli economisti della Dg Affari economici – che le stime di crescita si sono dimostrate troppo alte o troppo basse nella misura dello 0,5% per l'anno corrente".
E' più facile sbagliare sui singoli paesi che sull'aggregato (eurozona e Ue) e maggiori sono i rischi nelle stime sui piccoli paesi con un alto grado di apertura al mercato esterno. Bisogna tenere conto che le assunzioni tecniche esterne su cui si fondano i calcoli (prezzi del petrolio e delle altre materie prime, tassi di interesse e di cambio, andamento delcommercio globale) spiegano circa il 60% degli errori nella stima di crescita e inflazione nell'anno che segue l'esercizio.
Un punto debole delle stime comunitarie è lo scarso peso prestato alle interrelazioni economiche dei vari paesi con i paesi maggiori: per esempio si farebbero meno errori per Italia, Austria e Portogallo se si tenesse più conto delle stime relative ai paesi più grandi dell'area (Germania, Francia, Regno Unito e Italia per Austria e Portogallo).
Per fortuna Bruxelles non sembra sovrastimare o sottostimare sistematicamente l'andamento della crescita nelle due grandi aree mentre quelle relative ad alcuni stati sono o troppo ottimistiche (Italia e Portogallo) e troppo pessimistiche (Irlanda e Lussemburgo). Nel caso dell'Italia il pil viene mediamente sovrastimato di 0,43 punti percentuali per l'anno in cui viene elaborata la previsione e di 0,70 per l'anno successivo. Motivo probabile: la sovrastima della crescita potenziale.

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