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Questo articolo è stato pubblicato il 09 marzo 2011 alle ore 06:40.
In due settimane arriveranno nuove certezze sulla produzione di energie rinnovabili. Ad assicurarlo è il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani che in un'audizione al Senato, ieri ha spiegato: «Con il contributo del ministero dell'Ambiente, vogliamo produrre un provvedimento che dia certezze al settore, in modo che le nostre banche, i nostri imprenditori e i nostri produttori abbiano la possibilità di investire in base a quanto consentito e consentibile da parte dei cittadini».
Le parole di Romani suonano come una risposta al dibattito energico e molto preoccupato di ieri alla Borsa di Milano dove centinaia di imprenditori del settore si sono incontrati per un convegno – Renewable Energy in Italy – programmato da diversi mesi e che non poteva essere fissato con maggior tempismo: proprio nel day after la firma del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al decreto sulle rinnovabili che prevede dal 1° giugno un nuovo regime di aiuti. Un decreto che ha già prodotto i suoi effetti come la sospensione delle linee di credito da parte di alcune banche o la cancellazione di importanti commesse, hanno detto diversi imprenditori a Palazzo Mezzanotte.
«Sia il ministro Romani che il ministro Prestigiacomo hanno espresso il concetto che le rinnovabili sono necessarie e che nessuno farà qualcosa per toglierle in Italia», sostiene Emilio Cremona, presidente del Gestore dei servizi energetici. Il Gse proprio ieri ha rilanciato il nuovo portale Corrente, confidando che il sito possa diventare «una vetrina per le imprese italiane nel campo delle rinnovabili al quale hanno aderito più di 600 imprese che rappresentano circa 80 miliardi di euro di fatturato e oltre 150mila addetti – spiega Cremona –. Lo scopo è mettere in risalto via internet le imprese in modo da poterle proporre in tutte quelle sedi in cui il Gse espone la posizione italiana, non ultimo in campo internazionale».
Il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo dice che «bisogna convocare immediatamente il tavolo» per arrivare «nell'arco di venti giorni, anche con un confronto finalmente di merito con tutti gli operatori del settore, a definire un nuovo sistema di incentivi che moralizzi un po' il settore». Il ministro ha poi ribadito che «tutti sanno che il paese andrà avanti sul fotovoltaico. Sarebbe autolesionistico punire un settore che è l'unico che in questo anno terribile ha avuto una forte crescita, in parte dovuta agli incentivi troppo elevati ma soprattutto al fatto che in Italia si sta sviluppando una filiera».
Nel dlgs rinnovabili é stato accolto «l'80% delle richieste delle commissioni parlamentari», dice Romani per il quale «il settore va incentivato e vanno date certezze, ma nel lungo periodo: quindi vanno bene gli incentivi, ma anche il decalage degli incentivi in base ai target che ci diamo e ai costi di produzione». Dal 2011 il costo per il contribuente italiano é «3,7 miliardi di euro per 20 anni, ovvero 74 miliardi in 20 anni», calcola Romani. Questo solo per coprire «le 55mila richieste arrivate entro il 31 dicembre 2010, sempre ammesso che abbiano i crismi della regolarità», continua il ministro. Il costo per gli italiani sarebbe aumentato ulteriormente se il governo non fosse intervenuto: «Avremmo caricato sulla bolletta altri 3,5 miliardi all'anno di incentivi in bolletta. L'italiano medio già oggi paga 40 euro in più all'anno per gli incentivi e senza l'intervento del Governo sarebbero diventati 80 euro in più all'anno».
Una parte del mondo delle rinnovabili però ritiene «il decreto legislativo palesemente incostituzionale», dice Luca Fermo, amministratore unico di Ray Energy e responsabile produttori di Assosolare, preoccupato perché le nuove regole potrebbero segnare la fine del fotovoltaico in Italia. La revisione degli incentivi al fotovoltaico, chiede Luisa Todini, presidente dei costruttori europei (Fiec) e di Ecos Energia, deve essere fatta ll'insegna della «gradualità. Sono le modalità ad essere spiazzanti. Si può anche essere d'accordo con la riduzione degli incentivi, ma non li si può troncare di punto in bianco. Il vero problema è il termine del 31 maggio. Servirebbe almeno un altro anno».
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