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Questo articolo è stato pubblicato il 05 settembre 2011 alle ore 14:27.
Gli anniversari pongono a volte questioni fuorvianti. Ci si chiede ripetutamente come è cambiato il mondo dopo l'11 settembre, un evento paragonato per la sua portata alle guerre mondiali del secolo precedente. Ma questa è la prospettiva tipica della nostra epoca che vive gli eventi sull'onda emozionale che ne danno i mass media. Di singolare e unico nell'11 settembre c'è il fatto che gli Stati Uniti furono colpiti al cuore, in casa, a New York e Washington. Altrimenti Bin Laden, i talebani e l'Afghanistan sarebbero rimasti una questione da specialisti, ignorati come lo erano stati nel decennio precedente.
Nel '95 "Limes" mi chiese un articolo sull'Islam radicale: scelsi come argomento i mujaheddin afghani e Osama Bin Laden che Robert Fisk, il segugio dell'Independent, aveva intervistato qualche mese prima. Né l'articolo di Fisk né a maggior ragione il mio avevano sollevato il minimo interesse. Non ebbe maggior fortuna il più famoso orientalista contemporaneo, Bernard Lewis, che su "Foreign Affairs" avvertiva che Osama aveva dichiarato guerra all'America. Qualche mese dopo l'articolo di Lewis, Bin Laden fece saltare le ambasciate Usa a Nairobi e Dar es Salam: era il 7 agosto del 1998, tre anni prima delle Due Torri.
Ma anche allora i dirigenti americani e buona parte dell'Occidente continuarono a guardare da un'altra parte. Questo vale anche per gli eventi del passato recente. La verità è che vogliamo dimenticare in fretta tutto quanto non è sostenuto da un adeguato apparato di propaganda mediatico: le guerre balcaniche, la guerra del Golfo degli anni '80, i massacri in Algeria degli anni Novanta. Amnesie gravi che si sovrappongono in una stratificazione che definirei semplicemente beata ignoranza.
Vedrete che pure nel caso della Libia saremo presto costretti a rinfrescarci la memoria sulle stragi degli innocenti avvenuti negli anni scorsi da queste parti per spiegare cosa potrebbe accadere in un prossimo futuro. Un avvisaglia sono i pogrom contro i neri del Sahel a Tripoli che riecheggiano esattamente quelli del 2000 e dei decenni precedenti: quando non sai come risolvere i tuoi guai e prendere atto della realtà, cioè che i killer di Gheddafi erano i tuoi fratelli, devi trovare un capro espiatorio.
Del resto la prima immagine dell'11 settembre che mi viene in mente è la faccia smarrita di Bush al quale annunciano l'attacco mentre legge fiabe in una scuola della Florida: "Cosa pensa dei Taleban?", gli chiese un giornalista durante la campagna elettorale: "Li conosco benissimo, sono un gruppo rock". Capite bene in che mani siamo stati.
Ma le emozioni sono più forti dei ragionamenti. Dieci anni fa il 15 settembre 2001 mi trovavo sul Khyber Pass al confine tra Pakistan e Afganistan nel tentativo, vano, di attraversare la frontiera in uno di quei momenti che sembrano costituire delle svolte storiche immancabili per un inviato.
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