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Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2012 alle ore 12:36.

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Alex Schwazer (LaPresse)Alex Schwazer (LaPresse)

Le dichiarazioni di Alex Schwazer il marciatore azzurro che ha riconosciuto di aver fatto ricorso all'Epo all'insaputa di tutti, "ho fatto da solo", non convincono. L'atleta era controllato in quanto sarebbe legato al discusso medico Michele Ferrari. Quello della Wada non è stato un controllo antidoping casuale ma mirato: il nome del campione olimpico della 50 km di Pechino figura nelle carte di un'operazione complessa e coordinata da Interpol-magistrature dei singoli Paesi-Autorità mondiale antidoping.

Un lavoro di intelligence a seguito di inchieste, tra cui quella condotta dalla della Procura della Repubblica di Padova, incentrate sul medico Ferrari, la cui frequentazione è di fatto costata al ciclista Filippo Pozzato, non convocato, la partecipazione a questi Giochi. Anche se Schwazer ha detto di aver "acquistato a metà Luglio la sostanza dopante su Internet e di essersela iniettata da solo " pare difficile che sia andata effettivamente così. Il marciatore era nel mirino proprio per la frequentazione con Ferrari e Il controllo pre-olimpico a sorpresa sarebbe stato dunque l'effetto della raccolta di informazioni, coordinata dall'unità speciale che ha sede all'Interpol di Lione.

Peraltro c'è la coincidenza che Schwazer, prima di Oberstdorf, dove a fine Luglio è avvenuta la visita a sorpresa degli ispettori, sulla base dall'archivio del sistema Williams (consente di accedere ai dati sulla reperibilità degli atleti monitorati dalle rispettive federazioni internazionali per il passaporto biologico), aveva trascorso un lungo periodo di allenamento a Saint Moritz, meta abituale di Ferrari.

ll sistema Williams in sinergia al passaporto biologico ed al lavoro di "intelligence" è l'ultima frontiera dell'antidoping, che con enfasi prima dei Giochi il presidente della Wada (l'Agenzia mondiale antidoping), l'ha presentata come un'innovazione che va ad affiancare i tradizionali esami per i primi dell'ordine d'arrivo di ogni gara. Intanto la sua agente Giulia Mancini, cura l'immagine di un campione che ha sempre detestato il doping ed è noto che lasciò il ciclismo per passare alla marcia proprio per evitare di imbattersi in un simile fenomeno, ha invitato Schwazer a chiarire ulteriormente la vicenda. «Che denunci chi gli ha dato questo prodotto, chi glielo ha consigliato di prenderlo», ma per il momento l'atleta in attesa della squalifica annunciata, fino a due anni di stop, non intende fare nomi assumendosi completamente tutte le responsabilità.

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