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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2012 alle ore 18:50.

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È l'efficienza la vera miniera non solo energetica dell'Italia. Capace di donarci sviluppo industriale, innovazione tecnologica e competitività internazionale. A patto di iniziare una nuova corsa con il piede giusto e dal versante migliore: dai trasporti ma soprattutto dall'edilizia. Sapendo che gli immobili pubblici potrebbero tranquillamente tagliare un terzo del loro consumo energetico, con un risparmio entro il 2020 di un milione di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) ogni anno. E un altro terzo di Mtep potrebbe essere risparmiato con il rilancio di una seria politica di incentivazione negli immobili privati.

La stima viene dall'ultimo rapporto sulla Green economy realizzato dall'Enea e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile. Che punta l'indice su uno dei fiaschi più eclatanti della politica energetica ambientale italiana, ovvero la raccolta e la gestione dei rifiuti, ma sottolinea anche un pregio del nostro paese: la creazione di filiere agricole di qualità.

Ecco dunque il primo passo da fare: un intervento studiato direttamente dallo Stato su 11mila uffici pubblici, 30mila scuole, ma anche 70mila social housing, i condomini che condividono i servizi in maniera significativa. E, insieme, un rilancio della politica degli incentivi per il settore privato, rivisitando il sistema delle incentivazioni e detrazioni fiscali che peraltro ci ha regalato finora buoni risultati, visto che tra 2007 e il 2010 - si rimarca nel rapporto - hanno generato investimenti per 12 miliardi di euro con oltre 40mila posti di lavoro che ne hanno direttamente giovato.

Doverose però le modifiche normative, avvertono gli estensori del rapporto. Per evitare (come accaduto nell'incentivazione del solare fotovoltaico) che il grosso del business degli apparati delle attrezzature sia appannaggio di imprese estere, tant'è che nel business complessivo dell'eco innovazione «in buona parte importate non prodotte in Italia» ci siamo piazzati nel 2011 al sedicesimo posto nell'Europa a 27, al di sotto della media Ue.

Ed ecco i due segnali diametralmente opposti. Quello negativo dei rifiuti e quello positivo delle filiere agricole di qualità. La produzione di rifiuti urbani cresce da noi più del Pil e dei consumi, avverte il rapporto. Affidiamo le discariche poco meno della metà di ciò che scartiamo. Ma 10 regioni, dalla Liguria alla Sicilia, mandano in discarica più del 60% dei rifiuti urbani, mentre in Europa sei paesi sono arrivati addirittura discarica zero con tassi di conferimento in discarica superiori al 60% mentre l'Italia si ferma ad un terzo. Un ulteriore segno che la Green Economy ha qui da noi un grande spazio.

Consoliamoci con le filiere agricole di qualità. L'Italia - testimonia il rapporto - è addirittura prima in Europa, con quasi 50mila aziende biologiche che hanno saputo «orientare le scelte produttive verso la qualità legata alle singole specificità del territorio» con una produzione sviluppata su oltre un milione e 100mila ettari. Segno che quando vogliamo sappiamo essere anche qui dei campioni.

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