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Questo articolo è stato pubblicato il 20 dicembre 2010 alle ore 13:50.
Produrre elettricità pulita con il solare continuerà a essere un buon affare. È vero, dal 2011 gli incentivi al fotovoltaico saranno meno generosi. Ma le opportunità legate al nuovo conto energia – al quale è dedicata questa Guida pratica – restano vantaggiose.
Per gli impianti che entreranno in funzione dal 1° gennaio 2011, il taglio delle tariffe incentivanti sarà del 15-20%, cui si aggiungerà un'ulteriore riduzione del 6% nel 2012 e nel 2013. Anche così, ad ogni modo, sarà possibile recuperare l'investimento iniziale prima della fine del periodo di erogazione dell'incentivo (20 anni) e chiudere l'operazione con un guadagno netto. Dopotutto, il costo dei componenti è in diminuzione – si può ipotizzare come minimo un 5% in meno nel 2011 – e gli incentivi restano comunque più ricchi di quelli di altri paesi europei.
«Ogni giorno ricevo richieste di investitori stranieri che vogliono incontrarci per saperne di più», spiega Gerardo Montanino, direttore della divisione operativa del Gestore servizi energetici (Gse). In effetti, dopo mesi di ipotesi e congetture, il testo finale del Dm 6 agosto 2010 non ha deluso le imprese. «Tra gli aspetti positivi, è stato mantenuto l'assetto generale del vecchio conto energia, dando continuità a uno schema incentivante che ha funzionato e quindi al mercato. Altro elemento positivo è la gradualità di riduzione della tariffa su tre periodi, che consentirà alle imprese di smorzare l'impatto del calo», commenta Gianni Chianetta, presidente di Assosolare.
Il nuovo conto energia, inoltre, "descrive" in modo diverso gli impianti, così da adattarsi con più precisione alle diverse tipologie di strutture. Spariscono quelle «parzialmente integrate» e le tariffe vengono modulate su un maggior numero di fasce di potenza. Vengono introdotti incentivi più ricchi per gli impianti innovativi integrati negli edifici. Risultano penalizzate tettoie e serre solari, ma raddoppiano i premi per chi sostituisce tetti in amianto e arrivano bonus speciali legati al miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici.
Vengono incentivati anche gli impianti a concentrazione. «E questa – osserva Montanino – è una scelta strategica perché in questo campo l'industria italiana può ancora giocare un ruolo importante».
La realtà del fotovoltaico italiano, però, non è fatta solo di luci. C'è la produzione di energia pulita, con 2mila MW di potenza installata alla fine della scorsa settimana. Ci sono i vantaggi per l'ambiente, con un aiuto a raggiungere gli obiettivi previsti dall'Unione europea per il 2020. Ma ci sono anche le voci critiche. Qualcuno ricorda che l'energia solare è molto costosa e che, senza gli incentivi, sarebbe in perdita. Qualcun altro evidenzia che la maggior parte dei moduli installati in Italia è di produzione asiatica, tedesca o statunitense. E qualcun altro ancora punta il dito contro l'assurdità dei pannelli installati al posto dei campi di grano in Pianura Padana, degli uliveti in Puglia e delle vigne in Piemonte.
«Sappiamo che il fotovoltaico non può rappresentare l'unica via, ma deve rientrare in un mix di fonti diverse», replica Valerio Natalizia, presidente del Gifi, il Gruppo imprese fotovoltaiche italiane, aderente a Confindustria Anie. «Chi critica il costo degli incentivi – continua – non conteggia le ricadute positive in termini occupazionali e fiscali, e non considera che i bonus servono ad accompagnare la crescita della tecnologia e a renderla autosufficiente».
Quanto all'assenza di un'industria italiana, secondo il Gifi i moduli incidono solo per il 50% del costo dell'impianto e per il 30% della manodopera impiegata. In Italia – stima ancora il Gifi – la filiera del fotovoltaico dà lavoro a circa 20mila addetti, impiegati nella produzione di inverter e componenti, nell'installazione e nella manutenzione.
Sulle installazioni in zone sensibili, invece, tocca agli enti locali vigilare. In attesa che vengano finalmente dipanate le regole sui permessi edilizi: un groviglio che genera incertezze per gli operatori e apre crepe in cui possono insinuarsi le iniziative illecite della criminalità. È quanto ha chiesto anche l'Aper, l'associazione dei produttori di energia da fonti rinnovabili, auspicando che «un corretto recepimento delle linee guida nazionali» permetta di «superare la frammentazione normativa creatasi e incentivare il tessuto industriale favorendo gli investimenti nella green economy».
A imporre grande attenzione da parte degli enti locali è anche l'arrivo dei capitali internazionali. Già oggi in Italia i 110mila impianti di piccola taglia (sotto i 20 kW) generano solo il 30% della potenza installata, mentre il resto è riconducibile agli 8mila impianti più grandi. E la tendenza sarà ancora più evidente nei prossimi anni.
Peraltro, l'arrivo dei grandi player non toglie spazio né alle famiglie, né alle Pmi che vogliano installare un impianto sul tetto di casa o sul capannone aziendale. Anzi, è proprio per le strutture domestiche che gli incentivi sono più ricchi. Il rischio, semmai, è che il livello elevato dei bonus impedisca di sviluppare una piena concorrenza sui prezzi. «I grandi operatori hanno consulenti in grado di ottimizzare il costo degli investimenti – afferma Montanino –, mentre per le famiglie abbiamo ancora notizia di installatori che praticano prezzi ingiustificati: ecco perché è importante individuare i soggetti giusti cui rivolgersi».
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