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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2011 alle ore 17:22.

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I sei progetti dell'energia pulita made in ItalyI sei progetti dell'energia pulita made in Italy

Sei progetti in corso, alcuni di grandi dimensioni. Come la linea di produzione di pannelli fotovoltaici avanzati in film sottile che Enel Greenpower, insieme a Sharp e St Microelectronics stanno attrezzando a Catania. Oppure le turbine a fluidi bassobollenti della Turboden bresciana che recuperano calore e lo trasformano in elettricità, con una diffusione in tutta Europa (e ora anche negli Usa). Poi i progetti per piattaforme eoliche galleggianti, e il Kitegen della Sequoia Automation di Chieri, il sistema meccatronico ad aquiloni per l'eolico di alta quota ormai vicino al completamento del suo primo prototipo. Quindi i pannelli fotovoltaici a concentrazione che startup come la C-Power di Ferrara e l'Angelantoni di Perugia si preparano a introdurre sul mercato. E, infine, i grandi specchi parabolici di Archimede, nel suo primo impianto di Priolo, che Enel, insieme a un consorzio industriale, sta completando. E che poi dovrebbe tentare lo sbarco in Nord-Africa.

«Non mancano le iniziative innovative sulle frontiere delle rinnovabili da parte delle aziende italiane – osserva Andrea Gilardoni, economista della Bocconi di Milano e fondatore di Agici, azienda di ricerche sull'industria delle rinnovabili – il fermento c'è, ma l'industria delle nuove energie è ancora a uno stadio emergente, e persino poco conosciuta nei suoi lineamenti e nelle sue potenzialità».

Un vuoto conoscitivo anche per rispondere a una questione chiave. Destiniamo decine, e poi centinaia di milioni di denaro pubblico (in prevalenza dalle bollette elettriche) in incentivi per le rinnovabili. Ottenendo sì un boom del mercato (nel fotovoltaico un 2010 record, al raddoppio, con quasi 2 gigawatt istallati) ma quanto in termini di industria, di occupazione, di imprese competitive in Italia e all'estero?

La risposta è in parte incoraggiante. L'industria italiana delle rinnovabili, anche se ancora frammentata e divisa in filiere eterogenee (alcune ancora nascenti), comincia a esistere. Ed è una realtà che comunque conta oltre 130 imprese, con un fatturato complessivo di 21 miliardi di euro e circa 46mila occupati, in crescita.

Sono questi i primi lineamenti della fotografia che il Gse ha scattato con l'avvio del progetto Corrente, partito l'anno scorso, e che ormai raccoglie nel suo portale (un sito-vetrina, dedicato alla valorizzazione delle imprese italiane che operano nelle rinnovabili) circa 500 ragioni sociali. Di cui però l'Agici, azienda di ricerca milanese dedicata alle rinnovabili, ha selezionato i primi 128 nomi, per analizzare struttura e stato di salute del settore emergente.

In realtà, almeno allo stato attuale, le 128 aziende (per il 76% piccole, sotto i 50 milioni di fatturato, ma per il 60% già attive all'estero) sono il collage, non molto omogeneo di almeno sei filiere diverse: oltre metà nel fotovoltaico, poi biomasse, eolico, idroelettrico, solare termico, termodinamico e geotermico. E a diversi livelli, specializzazioni e velocità.

«Un comparto ancora allo stato fluido – nota Marco Carta, autore dello studio sugli aderenti a corrente – gran parte delle aziende iscrittesi al portale hanno pochi anni di vita, molte sono spin-off di grandi aziende oppure nuove imprese avviate da ricercatori o tecnici. Molte sono aziende di nicchia, forti solo su alcuni componenti. È quanto mai probabile che nei prossimi anni assisteremo a un loro consolidamento, selezione, aggregazione. Tramite anche fusioni e acquisizioni, un processo già visibile negli scorsi anni in quest'area delle rinnovabili».

Che fare? Secondo il rapporto Agici sono cinque le azioni di politica industriale necessarie. Innanzitutto un continuo monitoraggio di un mercato globale delle rinnovabili cresciuto del 500% negli ultimi dieci anni a 162 miliardi di dollari 2009 (e dove aree come il Mediterraneo e i Balcani valgono da sole un potenziale di 40 miliardi di possibili progetti transnazionali). Poi il supporto all'innovazione e l'incentivo al l'aggregazione tra le imprese, sia con la formazione di consorzi che tramite fusioni e acquisizioni. E infine il sostegno pubblico allo sviluppo delle nuove infrastrutture, prima fra tutte le smart grid, la vera base per tutte le rinnovabili.

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